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Oltre la guerra PDF Stampa E-mail
Sabato 04 Ottobre 2025 08:42

di Adriana Perrotta Rabissi

La Storia insegnata, ricordata, trasmessa è prevalentemente storia di guerre, eppure chissà quanti conflitti furono risolti attraverso mediazioni, dialoghi, scambio di pensieri e parole tra uomini e donne, purtroppo di questo non c'è rimasta testimonianza, ma la stessa cosa si potrebbe fare in ogni momento, anche oggi se ce ne fosse la  volontà.


Christa Wolf e Svetlana Aleksievich riflettono sulla guerra da una prospettiva di donne che l'hanno subita o combattuta.

Wolf si interroga sulle conseguenze delle guerre nelle relazioni tra donne immaginando un incontro silenzioso tra Cassandra e Clitennestra nel momento in cui Agamennone torna a casa.

Cassandra è figlia amatissima di Priamo, sacerdotessa, con un ruolo di prestigio nella società troiana, all'inizio avrebbe desiderato per sé il potere che le spettava per nascita e ruolo, ma quando si accorge del disinganno, delle menzogne relative alla guerra, dell’ipocrisia che regna nel palazzo anche tra i suoi familiari, arriva a ipotizzare che Elena sia un pretesto e non esista, si ammala, rinuncia al ruolo, alla vita, al palazzo.

Alla fine della guerra diventerà schiava di Agamennone e sarà portata a Micene, in quell'occasione incontra Clitennestra e si illude di ricevere da lei un moto di comprensione, la speranza svanisce subito.

Cassandra pensa: prima, quando la regina uscì dalla porta, lasciai che mi nascesse dentro un'ultima esilissima speranza, poterle strappare la vita dei bambini. Poi ho dovuto solo guardarla negli occhi: lei faceva quel che doveva. Non ha fatto lei le cose. Si adegua allo stato delle cose. O si sbarazza dell'uomo, quella testa vuota, completamente, oppure rinuncia a sé: alla vita, alla reggenza, all'amante, che del resto se interpreto bene la figura sullo sfondo, è ugualmente una testa vuota innamorata di sé, solo più giovane, più bello, di carne liscia. Con una scrollata di spalle mi fece capire che quel che accadeva non era rivolto direttamente contro di me. Niente in altri tempi avrebbe potuto impedire di chiamarci sorelle, questo lessi sul viso dell'avversaria, dove Agamennone, l'imbecille, avrebbe dovuto vedere amore e devozione e gioia di rivederlo, questo vide. Perciò inciampò su per il rosso tappeto, come il bue che va al macello, lo pensammo entrambe e agli occhi e alla bocca di Clitennestra apparve lo stesso sorriso che a quelli della mia. Non crudele. Doloroso. Perché il destino non ci ha posto dalla stessa parte.

Cassandra e Clitennestra sono vittime della stessa violenza maschile, la violenza strutturale della società patriarcale, della quale la guerra è l’aspetto più significativo.

Uno degli effetti più deleteri delle guerre è la divisione tra donne che la guerra degli uomini comporta, anche quando sarebbe necessaria la solidarietà.

Svetlana Aleksievich, premio Nobel per la l letteratura nel 2015, scrive un libro di testimonianze di centinaia di donne arruolate nell’esercito sovietico durante la Seconda Guerra mondiale.

La ricerca è durata sette anni, il libro è stato pubblicato quasi vent’anni dopo la sua stesura, al tempo della perestrojka di Gorbaciov, perché prima era censurato con il pretesto che la guerra che raccontava Svetlana era troppo spaventosa, troppi orrori e troppi dettagli naturalistici, in una parola non era la guerra giusta, da tramandare.

Bisognava invece parlare dei gesti eroici, non infangare tutto rimestando nel sudiciume e nella biancheria intima, in questo modo si sminuivano le donne, riducendole  a donne comuni, a femmine.

Commenta Aleksievich: gli uomini hanno paura che le donne raccontino tutta un'altra guerra.

Così giustifica la sua decisione di scrivere di guerra:

Scrivo un libro sulla guerra… Io che non ho mai amato leggere i libri di guerre benché per tutta la mia infanzia e adolescenza fossero le letture preferite di tutti…E non c'era niente di strano: non eravamo forse i figli della Vittoria? I figli dei vincitori? … c'erano già state migliaia di guerre, grandi e piccole, note meno note. E i libri che le avevano narrate erano ancora più numerosi. Ma… erano libri scritti da uomini e parlavano di uomini… Tutto quello che sapevamo sulla guerra c'era trasmesso da voci "maschili". Siamo tutti prigionieri di una rappresentazione "maschile" della guerra. … nelle narrazioni delle donne non c'è, o non c'è quasi mai, ciò che siamo abituati a sentire…i racconti femminili parlano d'altro. La guerra "femminile" ha i propri colori, odori. una sua interpretazione dei fatti ed estensione dei sentimenti. E anche parole sue.… E a soffrir non sono solo loro (le persone!), ma anche i campi, e gli uccelli, e gli alberi.

Le intervistate sono donne che hanno prestato la loro opera in tutti i settori dell'esercito, sia sul fronte che nelle retrovie, ci sono voluti molta pazienza e molti incontri ripetuti perché le donne si liberassero nelle loro interviste del controllo maschile, sia interiorizzato che raccomandato esplicitamente da mariti e compagni: racconta come ti ho insegnato. Senza lacrime e stupidaggini.

Così si va dalla autista di mezzi militari che ebbe tre corvé di punizione perché al ritorno da un’esercitazione aveva abbellito il suo fucile con un mazzo di violette, alla donna che ricorda di avere impiegato tre anni per riadattarsi alle scarpe e alle gonne, dopo aver passato tanto tempo con stivali e abbigliamento militare.

Riporto qualche brano di interviste:

È notte… Sono lì per svegliarmi e mi sembra di sentire qualcuno che piange accanto a me nell'oscurità…Sono io alla guerra… Stavamo ripiegando su tutto il fronte…. Superata Smolensk una donna mi regala un suo vestito, riesco a cambiarmi. Cammino sola… tra gli uomini. All'improvviso, le mie “cose"… Sono arrivate in anticipo, senz'altro a causa dell'agitazione, del tormento dell'umiliazione. Dove trovare ciò che mi serviva? Una vergogna! Come mi vergognavo! … Mi hanno preso prigioniera. Ma prima, proprio l'ultimo giorno, ho avuto per giunta le gambe fratturate, non potevo alzarmi dal mio giaciglio e mi sporcavo sotto.

Ancora:

All'improvviso si è incendiata la parte di prora… Il fuoco è corso veloce per la tolda. È esploso il deposito delle munizioni… così i soldati si sono gettati in acqua per raggiungerla a nuoto [la riva] … e dalla riva hanno cominciato a crepitare le mitragliatrici nemiche. Io sapevo nuotare bene e volevo salvare almeno  un ferito… Sento che qualcuno accanto a me si dibatte, ora emerge dall'acqua, ora fonda di nuovo. Sono riuscita ad afferrarlo… Era freddo, scivoloso…Ho pensato fosse un ferito investito dallo spostamento d'aria dell'esplosione… Io stessa ero quasi svestita… avevo indosso la sola biancheria… Un buio impenetrabile…. E attorno solo gemiti e imprecazioni. In qualche modo ho raggiunto con lui la riva. … E proprio in quel momento un razzo illuminante è esploso in cielo e ho potuto rendermi conto che avevo abbracciato e portato a riva un grosso pesce ferito. Un grosso pesce della statura di un uomo. Uno storione beluga… Stava morendo. Mi sono accasciata accanto a lui maledicendo piangendo… Per gli inutili sforzi… Ma anche per quella sofferenza che accomuna tutti viventi.

Un’altra testimonianza:

Sono arrivata fino a Berlino con le truppe…Sono rientrata al mio villaggio con due ordini della Gloria e altre medaglie. Ci ho trascorso tre giorni e il quarto, di buon’ora, mamma mi ha fatto alzare intanto che tutti dormivano. “Figliola, ti ho preparato un fagottino. Va… va. Hai due sorelle minori che stanno crescendo. Chi le vorrà sposare? Tutti sanno te sei stata al fronte per quattro anni, in mezzo agli uomini …Ma mi risparmi tutto questo, non mi tocchi l’anima. Scriva piuttosto, come tutti gli altri delle mie onorificenze.

Infine:

Ero un’addetta alle mitragliatrici. Ne ho ammazzati talmente tanti… Dopo la guerra per molto tempo l'idea di avere dei bambini mi spaventava. Ne ho potuto avere solo quando mi sono un po' calmata: Dopo sette anni… Ma neanche adesso ho perdonato. E non ho intenzione di perdonare niente… Mi rallegravo per come erano conciati, da far pena solo a vederli: i piedi avvolti in stracci, e la testa pure… Li facevano sfilare attraverso il villaggio e imploravano: “Madre, dammi da manciare” … e mi stupivo al vedere le contadine che uscivano delle loro casupole per tender loro chi un pezzo di... chi una patata… I ragazzetti correvano lungo la colonna e gettavano sassi…E le donne piangevano

Mi sembra di aver vissuto due vite: una maschile, l’altra femminile.

Per finire:

Sono una un'insegnante di storia. Per quanto mi ricordo, il sussidiario di storia è stato riscritto tre volte. Io ho insegnato la storia ai bambini attenendomi al primo, al secondo e al terzo …Chieda a noi, finché siamo vivi. Non trascriva poi senza di noi. Continui a far domande. Sapesse com'è difficile uccidere una persona…Io lavoravo nella resistenza clandestina. Dopo sei mesi mi hanno affidato una missione: farmi assumere dai tedeschi come cameriera alla mensa ufficiali… Ero giovane, bella… Mi hanno presa. Avrei dovuto mettere del veleno nella pentola della zuppa e il giorno stesso raggiungere i partigiani. Ma mi ero ormai abituata a loro, e anche se erano nostri nemici quando li vedi ogni giorno e ti dicono Danke Shon... Danke Shon… diventa tutto più complicato… Uccidere può fare più paura che morire. …. Ho insegnato storia per tutta la vita …E non ho mai saputo come raccontare tutto questo. Con quali parole.

Nulla chiama in causa le relazioni tra uomini e donne, tra servi e padroni, tra umili e potenti., come le guerre guerreggiate, minacciate, mascherate, ignorate; nulla più della guerra rimette a posto il disordine sociale rispetto a compiti e funzioni stabilite dal modello patriarcale della nostra civiltà

La Storia insegnata, ricordata, trasmessa è prevalentemente storia di guerre, resistenze, lotte contro l’oppressione...lotte di liberazione a cominciare dal fondamento della cultura occidentale l'Iliade.

Pur mostrandone gli orrori  le guerre sono presentate come inevitabili, quasi fossero tratti di specie.

Eppure chissà quanti conflitti furono risolti attraverso mediazioni, dialoghi, scambio di pensieri e parole tra uomini e donne, purtroppo di questo non c'è rimasta testimonianza, ma la stessa cosa si potrebbe fare in ogni momento, anche oggi se ce ne fosse la  volontà.

 

Christa Wolf, Cassandra, Roma, e/o edizioni, 1984,

Svetlana Aleksievich, La Guerra La guerra non ha un volto di donna, Milano, Bompiani, 2015,

 

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