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Lucina Numero 1 PDF Stampa E-mail
Lunedì 13 Ottobre 2025 07:41

La Storia insegnata, ricordata, trasmessa è prevalentemente storia di guerre, eppure chissà quanti conflitti furono risolti attraverso mediazioni, dialoghi, scambio di pensieri e parole tra uomini e donne, purtroppo di questo non c'è rimasta testimonianza, ma la stessa cosa si potrebbe fare in ogni momento, anche oggi se ce ne fosse la  volontà.

Nel cammino verso una opposizione alla barbarie culturale e politica la redazione sceglie di comunicare riflessioni e pensieri che funzionino come indicazioni, lucine.
Lucina numero 1:
articolo  lucido e anticipatore di Ramzy Baroud, Un'intifada italiana, 29 settembre 2025, precedente le grandi manifestazioni della prima settimana di Ottobre, htttps://arab.news/zxggt
Ciò che sta accadendo oggi in Italia riguardo a Gaza non ha precedenti nella storia della solidarietà tra il Paese e qualsiasi altra causa internazionale. È in corso una rivolta popolare, le cui conseguenze rischiano di alterare non solo la posizione di Roma sul genocidio israeliano nella Striscia, ma anche l'intera struttura politica del Paese.
Per comprendere perché tale conclusione sia razionale, dobbiamo considerare due fattori importanti: la mobilitazione popolare in tutto il Paese e il contesto storico dell'atteggiamento politico dell'Italia nei confronti della Palestina e del Medio Oriente.
Quando è iniziato il genocidio israeliano a Gaza, il linguaggio e l'atteggiamento politico del governo di estrema destra di Giorgia Meloni erano più o meno coerenti con le posizioni politiche adottate da altri leader europei. Nella sua visita in Israele il 21 ottobre 2023, il linguaggio di Meloni è stato quello di una condanna incondizionata dei palestinesi per l'attacco del 7 ottobre e di un sostegno altrettanto incondizionato a Israele e al suo "diritto a difendersi".
Questa posizione è rimasta invariata fino a pochi mesi fa, quando il genocidio israeliano ha raggiunto un livello troppo estremo perché persino Meloni potesse ignorarlo. Lo ha affermato il Ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, che ad agosto ha dichiarato che Israele aveva "perso la sua sanità mentale e la sua umanità".
Nonostante ciò, le armi italiane continuarono ad affluire in Israele. Anche quando Roma decise di non inviare nuove armi a Tel Aviv, i vecchi contratti militari precedentemente firmati con il colosso italiano degli armamenti Leonardo continuarono a essere onorati, nonostante queste armi fossero state utilizzate direttamente nel genocidio israeliano a Gaza.
Meloni non solo ha "onorato" l'impegno del Paese nei confronti di Israele a spese di centinaia di migliaia di palestinesi innocenti a Gaza, ma ha anche violato la Costituzione progressista italiana, che afferma che il Paese "rifiuta la guerra come strumento di aggressione contro la libertà degli altri popoli".
D'altro canto, la società italiana rimase, almeno per un po', confusa e apparentemente docile di fronte ai crimini israeliani e al sostegno del suo governo al genocidio in corso. Questa apparente docilità non rifletteva necessariamente il disinteresse del popolo italiano per gli eventi al di fuori dei propri confini. Rifletteva invece tre importanti fattori politici e storici che vale la pena sottolineare.
In primo luogo, i media italiani sono stati recentemente divisi in due gruppi principali: i media privati, in gran parte di proprietà della famiglia del defunto Primo Ministro Silvio Berlusconi – un magnate dei media di estrema destra e stretto alleato del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu – e i media pubblici, vincolati ai diktat del governo. Come prevedibile, entrambi sono rimasti fedeli alla linea dell'hasbara israeliana che criminalizza i palestinesi e assolve Israele.
In secondo luogo, la mancanza di piattaforme organizzative in Italia, precedentemente collocate all'interno delle attività dei sindacati di base popolare. Storicamente, i sindacati più potenti in Italia erano direttamente collegati ai partiti politici che godevano di una rappresentanza significativa nel Parlamento italiano. Insieme, riuscivano non solo a muovere i fili politici, ma persino a influenzare le politiche, a livello nazionale e internazionale.
In terzo luogo, tutto quanto sopra è legato al profondo riposizionamento della politica italiana tra la Prima Repubblica del secondo dopoguerra (1948-1992) e la Seconda Repubblica (dal 1992 a oggi). Questo profondo riallineamento fu direttamente collegato al crollo dell'Unione Sovietica, allo smantellamento del Partito Comunista Italiano – un tempo il più potente e rilevante partito occidentale – e all'ascesa del centrodestra.
Quest'ultimo evento non solo ha imposto un cambiamento radicale nella politica interna dell'Italia, ma anche nel suo atteggiamento in politica estera, allontanandosi dalla posizione molto più equilibrata riguardo all'occupazione israeliana della Palestina, ad esempio, per abbracciare i politici israeliani di estrema destra.
Questa adesione è diventata più evidente durante gli anni di Berlusconi, ma è stata accentuata anche nel partito Lega del vicepremier Matteo Salvini, noto anche tra gli italiani per essere l'erede naturale dell'eredità fascista italiana.
Ma le cose hanno cominciato a cambiare grazie all'entità della criminalità israeliana a Gaza, alla crescente solidarietà globale per la Palestina e all'elaborata mobilitazione popolare all'interno della stessa Italia fin dall'inizio del genocidio.
La scorsa settimana, i lavoratori portuali italiani hanno guidato uno sciopero nazionale contro la guerra a Gaza e le spedizioni di armi verso Israele. L'azione si basava su una lunga storia di resistenza dei lavoratori alla militarizzazione, soprattutto nei porti utilizzati per il trasporto di armi. Organizzata da sindacati di base e reti di solidarietà, la mobilitazione ha evidenziato un ampio rifiuto da parte dei lavoratori di essere complici delle politiche governative che alimentano la guerra e il genocidio.
Improvvisamente, i sindacati italiani sono tornati in piazza, non solo per negoziare salari migliori, ma per rivendicare il loro ruolo di avanguardia della solidarietà in patria e all'estero. Le conseguenze di questo evento potrebbero da sole inaugurare un cambiamento radicale nell'atteggiamento politico del popolo italiano.
Mentre il governo Meloni continua a rifiutarsi di riconoscere lo Stato di Palestina, lei si pone in aperta opposizione alle aspirazioni del suo stesso popolo, di ogni estrazione politica e ideologica. Questo potrebbe costarle caro nelle future elezioni.
L'Italia è ora sull'orlo di un altro momento storico, il cui esito potrebbe radicare ulteriormente il Paese nel campo dell'estrema destra o riportarlo su una posizione molto più coerente con la sua storia radicale di antifascismo, mobilitazione sociale e resistenza internazionalista.
Indipendentemente da dove oscilli il pendolo della storia, non si può negare che ciò che sta accadendo in questo momento in Italia non sia altro che una rivolta politica, un'intifada.
Il Dott. Ramzy Baroud è giornalista, autore e direttore di The Palestine Chronicle. Il suo ultimo libro, "Before the Flood", sarà pubblicato da Seven Stories Press. Il suo sito web è www.ramzybaroud.net. X: @RamzyBaroud
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