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Le banche del tempo: intervista a Laura Di Silvestro PDF Stampa E-mail
Aree tematiche - L'altra globalizzazione
Venerdì 13 Luglio 2012 00:00

a cura di Franco Romanò.

Le banche del tempo, nate una decina di anni fa, possono essere un esempio di socializzazione del lavoro e di nuova governance.

The banks of time, born a decade ago, can be an exampple of socialization of work and of new governance.

Franco Romanò: Signora Di Silvestro le faccio per prima una domanda molto semplice: che cosa è una banca del tempo?

Laura Di Silvestro: In realtà a questa domanda si può rispondere in diversi modi. Uno è una semplice definizione di BdT: un’associazione di cittadini attivi che intende utilizzare una parte del proprio tempo in modo solidale, scambiandolo con altri cittadini in servizi, attività diverse, messa in comune di conoscenze e saperi. Lo scambio è indiretto, cioè non necessariamente reciproco, all’interno dell’associazione e l’unità di misura è il tempo (da una mezz’ora in su) e il tempo ha lo stesso valore per tutti, quindi qualunque sia il contenuto dello scambio il suo valore è dato dalla durata. Ogni socio di una BdT indica quelle che sono le sue disponibilità e le sue necessità e si rende disponibile, ma non in maniera obbligatoria, allo scambio cogli altri soci. Si crea così una rete di relazioni che esce dallo schema o soldi o famiglia e tende a ricreare la realtà del buon vicinato ormai scomparsa.

Le parole chiave che esprimono i valori della banca del tempo sono: parità, fiducia, relazione, autostima, reciprocità, territorialità. Ogni iscritto ha un suo conto corrente su cui viene conteggiato il dare e l’avere e che dovrebbe tendere al pareggio ma su un arco di tempo lungo. Nell’assemblea annuale si fa anche il bilancio degli scambi fatti sia per quantità che per qualità, così da evidenziare quali attività sono state maggiormente scambiate e da poter riflettere sui necessari cambiamenti.

Esistono scambi di servizi e di attività ma anche scambi di competenze e saperi e questi avvengono spesso in forma collettiva, per esempio un socio abile nell’uso del computer organizza dei brevi corsi per i soci che vogliono imparare.

Si può anche vedere nella BdT qualcosa di più complesso. Per esempio un possibile welfare leggero, una ripresa del valore del dono gratuito ma visto nella sua possibile dimensione antropologica (donare, ricevere, ricambiare), o anche si può parlare di una forma di governance dal basso, e anche una critica allo strapotere del denaro nei nostri scambi, una alternativa radicale al volontariato.

FRInfatti, rispetto a come si comporta una banca mi sembra di capire che in quello che lei mi ha detto non sono previsti né tassi di interesse (seppure in forma di tempo) o altro che assomigli alle altre attività normali di una banca.

LDS: In effetti questo è un punto importante e fondamentale: nella BdT ogni socio è portatore di bisogni e richieste e nello stesso tempo di risorse. Non ci sono due ruoli fissi: chi dà e chi riceve, ma si alternano. E’ una visione laica della persona e richiede una posizione attiva, perché lo scambio avviene prevalentemente sotto la spinta dell’iniziativa personale e libera, il tempo non viene organizzato e riempito da chi dirige. Si può parlare di un cambiamento culturale non tanto semplice, ne è il segno che per moltissimi soci è più facile dare che chiedere, il mito dell’autosufficienza è duro a morire. La composizione dei soci è a prevalenza femminile (65-70% donne 35-30% uomini) e di età matura, anche se esistono BdT di famiglie giovani o di studenti.

FRLe banche del tempo esistono ormai da circa quindici anni d'anni e quindi si può dire che costituiscano un vero e proprio movimento. Che evoluzione hanno subito dalla loro nascita e qual è la loro distribuzione nelle diverse regioni italiane?

LDS: La narrazione della nascita delle BdT sottolinea la spontaneità della loro origine ma in realtà la legislazione che parla delle BdT è frutto di tutta la storia precedente quando negli anni ottanta si è riflettuto sulla questione dei tempi della città e degli orari di lavoro, inoltre il movimento delle donne aveva posto chiaramente il discorso del doppio lavoro delle donne e la problematica di conciliare nella propria vita i tempi della famiglia e quelli del lavoro. Si era incominciato ad affrontare anche il discorso degli orari di lavoro, dei negozi, degli uffici amministrativi e della necessaria flessibilità. Quindi c’è stata una lunga incubazione che può vedere il punto di arrivo nella legge 23 del 2000 in cui si parla anche di BdT e in cui si dà ai Comuni la possibilità di aprire BdT all’interno dei piani dei tempi e degli orari delle città. Ma sono stati pochi i comuni che hanno utilizzato questa possibilità.

La nascita effettiva delle BdT è fissata a metà degli anni ’90 quando a Parma all’interno del sindacato pensionati è sorta una BdT e quasi contemporaneamente a Sant’Arcangelo di Romagna un gruppo di donne ha fondato la BdT sostenute dalla sindaca donna. Da allora si sono moltiplicate fino ai nostri giorni, quando registriamo una crescita notevole.

Sono un fenomeno più accentuato al nord ma in realtà presente in tutta Italia, da Roma, che ha una modalità unica e molto interessante, alla Sicilia, Sardegna Puglie ecc. la gran parte delle banche nasce da un gruppo di cittadini entusiasti che poi si organizza in associazione (all’inizio associazione di volontariato poi associazione di promozione sociale quando questa modalità è stata riconosciuta dalla legislazione).

Il rapporto con l’ente locale (il Comune) è considerato importante e viene cercato in vari modi, tuttavia sono ancora più della metà delle BdT che non hanno nessun tipo di convenzione od accordo o collegamento con questi. La BdT non ha risorse economiche proprie (salvo il costo della tessera che oscilla da 5 a 15 euro all’anno) e soprattutto per la sede e gli strumenti fondamentali (telefono, computer, stampante) ha bisogno di un minimo di aiuto. Nella prima fase fino a metà del 2000 l’intervento degli enti locali è stato più sporadico, ora si sta intensificando perche ci si accorge che la BdT può essere una risorsa per il territorio, oltre che un fiore all’occhiello per l’amministrazione.

Le BdT partecipano spesso a bandi fatti dalla provincia o dalla regione che permettono di consolidarsi e allargare la propria visibilità.

FR: Quante sono le banche del tempo nel nostro paese?

LDS: E’ difficile quantificare il numero di BdT presenti in Italia perché molte nascono e vivono senza sentire la necessità di collegarsi in una rete (es BdT nate negli oratori o dentro altre associazioni). Le banche non nascono in modo gerarchico dall’alto ma è proprio il contrario: sono i coordinamenti e la stessa Associazione Nazionale che nascono per spinta dal basso, da gruppi di BdT che si collegano e sentono la necessità di dare vita a coordinamenti. Questo spiega la loro diffusione a macchia di leopardo. Comunque le BdT censite dalla AN (associazione nazionale) sono circa 500 e sul suo sito si può trovare la loro distribuzione geografica. Dal punto di vista giuridico si possono dividere in BdT associazioni presenti sul territorio senza collegamenti istituzionali, BdT con convenzioni con enti locali e il caso romano: A ROMA LE BdT nate per volere dell’amministrazione comunale e presenti in ogni circoscrizione. Questa modalità vede le BdT col più alto numero di iscritti (dai 600 ai 1500) più simili come struttura alle BdT della Spagna e del Portogallo che hanno del personale pagato che gestisce iniziative e scambi.

C’è stata anche una evoluzione nella consapevolezza e nella assunzione di compiti da parte delle BdT, partite come agili strumenti di scambio si sono mano a mano rese conto di essere delle associazioni e quindi di avere anche una parte di struttura organizzativa da curare e sviluppare, questo ha evitato che si trasformassero in un gruppo di amici e salvo eccezioni, hanno lentamente ampliato il loro raggio di azione, si sono collegate con le altre associazioni del territorio per interventi comuni, si sono poste domande e date risposte.

FRQual è la situazione a Milano? Che rapporto avete instaurato con le organizzazioni sindacali e altri movimenti di volontariato sul territorio?

LDS: A Milano esistono nove BdT, decisamente poche per la città che vede molti quartieri privi di questa associazione, teniamo presente che essa è essenzialmente una associazione legata al territorio che tende a creare una rete di relazioni tra vicini, tuttavia dal 2004 esiste una rete che permette gli scambi anche con soci delle altre banche iscritte al Coordinamento che sono più di 40 (9 in quartieri milanese, 18 nella provincia 13 nella regione).

Una sola è nata tempo fa come sperimentazione del comune che ha dato come sede un negozio a Niguarda, le altre BdT hanno dovuto arrangiarsi e si trovano in difficoltà principalmente proprio per la sede che spesso non è stabile.

Il sindacato ha avuto una parte significativa nella storia delle BdT ma con alcune precisazioni: a Milano le prime BdT nate nel 1996-7-8 sono sorte sotto l’ombrello dell’Associazione Auser che è una associazione di pensionati della Cgil. Questo per merito di alcuni funzionari che consideravano interessante questa nuova associazione e l’hanno portata avanti personalmente. Quindi molte BdT sono ancora oggi auser, alcune sono nate nell’arci e molte sono sorte per decisione di privati cittadini. Anche la provincia di Milano negli anni ’90 ha per qualche anno fatto un’azione di formazione di responsabili con riunione periodiche, sospese poi quando la persona interessata ha cambiato collocazione.

Ricordo anche che all’inizio dell’esperienza era nata l’ass Tempomat legata a una persona della Cgil nazionale(Adele Grisendi) che aveva creato un punto di riferimento nazionale, un sito ricco di informazione che raccoglieva quasi in tempo reale i dati sulle bdt e che aveva favorito i primi convegni nazionali. Ritiratasi da questa iniziativa la persona che l’aveva promossa, il sito di Tempomat è stato praticamente abbandonato. Solo nel 2005 è sorta l’Ass Nazionale ma con modalità molto diverse, grazie al lavoro e alla decisione di 9 responsabili di coordinamenti o BdT sparse sul territorio nazionale e che si propone di essere il punto di riferimento sia in Italia che in Europa.

Quindi cosa si può dire? Il sindacato è stato presente ma con persone singole molto valide ed attive E un po’ ai margini ma non come struttura.

Oggi mi sembra che l’interesse del sindacato sia rimasto molto debole invece è cresciuto quello della politica locale e degli altri enti (biblioteche, asl, scuole ecc.).

FR: Da quello che lei ha detto fin qui si potrebbe pensare che la BdT si trovi a interferire con il lavoro: c’è il rischio che voi possiate anche involontariamente togliere lavoro a qualcuno con i servizi gratuiti?

LDS: L’influenza del sindacato si è fatta sentire proprio sull’impostazione della BdT nei confronti del carattere delle prestazioni tra i soci e rispetto al problema che lei solleva: per non entrare in conflitto con chi lavora e non essere accusata di lavoro nero la BdT esclude le prestazione continuative in quanto non vuole togliere lavoro a nessuno. Questo, però, tende a limitare il valore economico delle BdT perché soprattutto nei tempi recenti qualunque azione può essere lavoro (anche bagnare piante e portare cani fuori o accompagnare in auto ecc.), quindi si cerca di giostrare tra servizi utili senza arrivare a un vero e proprio lavoro, cosa di cui altre BdT europee specie inglesi si sono meno preoccupate (salvo poi aver avuto contenziosi con gli uffici delle imposte con l’accusa di aver reso possibile evadere le tasse).

FR: Mi sembra che lei faccia un’affermazione molto importante nella risposta precedente: “qualunque azione può essere lavoro” Questo mi sembra particolarmente vero ora con la crisi sociale così forte, che implica forse anche un ripensamento del lavoro stesso. Che ruolo possono giocare le banche in questo contesto?

LDS: Questa è una delle domande più importanti che i gruppi responsabili delle BdT si sono posti da alcuni anni. Ci si sta interrogando sia sul valore sociale delle BdT cioè sulla loro capacità di fare inclusione sociale, sia sulla loro capacità di risposta alle nuove esigenze che la crisi comporta.

E’ importante sottolineare che tra i valori della BdT c’è anche quello di diminuire il dominio del denaro nei rapporti sociali, già da diversi anni uno degli argomenti dei nostri corsi di formazione è: la bdt ha anche un valore economico. Proprio perché tutto è lavoro, tutti gli scambi hanno una valenza economica, sono una forma di risparmio, anche se non vogliamo enfatizzare troppo questo concetto per non creare aspettative irrealistiche. Tuttavia questo è ben compreso da quelle BdT che hanno una composizione più popolare e che infatti aggiungono agli scambi anche i mercatini dell’usato, il riciclo o il noleggio di strumenti o elettrodomestici. Il tutto a scambio ore se si è soci o a piccole somme quando si vuole uscire dalla associazione e farsi conoscere dal quartiere. L’interrogativo sul possibile rapporto BdT e inclusione sociale nasce anche dal fatto che, qualora gli enti locali favoriscono l’apertura di una BdT nel loro territorio magari dotandola di una sede, vogliono qualcosa in cambio, solitamente un certo numero di ore annuali, per servizi e interventi. La BdT si trova a dover dare al comune del tempo e delle risorse spesso in servizi utili alla città che però tendono ad assimilarla a un’associazione di volontariato. Si è sviluppata così una riflessione per evitare questa deriva e per mettere al centro le modalità e i valori della BdT anche nei rapporti con l’ente locale. Il desiderio è inserire chi utilizza il tempo e le competenze dei soci della BdT nella logica dello scambio, rendendolo attivo e consapevole delle sue possibilità.

In questi ultimi anni si è sviluppata un’attenzione alle buone pratiche messe in atto spontaneamente dalle banche, raccogliendo i progetti e le azioni concrete già sperimentate e facendole circolare. Tuttavia, non essendo associazioni di volontariato che nascono per rispondere a esigenze di particolari target disagiati, le BdT sembrano essere più lente nel percepire la crisi e il disagio, per loro è piuttosto un punto di arrivo che un punto di partenza. Colgono il bisogno quando esso viene portato da un socio o da un gruppo di soci che hanno condizioni simili, allora di fronte alla richiesta la BdT trova quasi sempre una risposta positiva e originale. Soprattutto se è un gruppo omogeneo di soci che cerca una risposta a delle loro esigenze (es. famiglie con bambini in età scolare, pensionati che sono soli) la soluzione trovata è valida e si basa proprio sullo scambio di tempo e capacità e risorse tra i soci stessi che così risolvono in prima persona il loro problema.

La risposta è positiva anche se diversa da quella che magari il comune si aspettava, prevede una contrattazione tra cittadini e l’ente locale non tanto nella direzione di avere dei contributi quanto di avere un aiuto per la burocrazia, per i permessi, per le deleghe. Avere del personale che vede le proposte della BdT come risorse da valorizzare e non da ignorare.

L’essere accolti in una associazione che ascolta, sostiene, cerca di dare risposte nella quotidianità, valorizza le capacità e conoscenze come è la BdT è qualcosa che aiuta chi attraversa un periodo di difficoltà, di lutto, di depressione. Non è detto che sia la banca a trovare la risposta ma magari a mettere in moto le risorse per uscire dall’immobilismo, per trovare altre strategie, lavora cioè sulle condizioni di base che permettono dei cambiamenti, sostituendo quegli amici o quella famiglia che non si ha nell’opera di consiglio, di piccoli passi, di ascolto.

Nell’ultimo progetto approvato e realizzato dal Coordinamento delle BdT di Milano e provincia si sono segnalate tre azioni di inclusione considerate significative e ripetibili. Esse sono: un’azione di alfabetizzazione individuale, tarata sulle esigenze di orari e frequenza, delle donne straniere madri di bambini in età scolare, una occasione settimanale di incontro tra madri italiane e straniere coi i loro figli per avere un momento di incontro collettivo, di scambio di informazioni, di sostegno e l’apertura della scuola durante le vacanze di natale e pasqua e nelle due settimane precedenti l’inizio della scuola, apertura organizzata dalla BdT con l’intervento dei soci che danno risorse di tempo e di competenze.

Tutte queste tre azioni sono sorte dall’iniziativa di un gruppo di soci delle banche in collaborazione con l’ente locale che non è intervenuto con finanziamenti ma con dare un certo avvallo all’iniziativa e pubblicizzarla.

Certo in questi casi si tratta di piccole idee, piccole risorse, piccoli risultati ma importanti per chi ne usufruisce e per chi li attua. Essi ben riflettono la filosofia delle BdT. Potranno diventare più significative e tali da interessare molti più cittadini e anche gli enti locali?

Immaginiamo una rete di piccole azioni come queste che però coinvolga tante scuole, tanti genitori e bambini, tanti quartieri… forse potrebbe essere interessante

FRLe faccio un’ultima domanda. Nelle riposte iniziali, citando l’esempio di Milano lei dice che la maggioranza dei soci sono donne, in una proporzione in cui tuttavia agli uomini sono il 30% e cioè una percentuale significativa. Nel prosieguo delle sue risposte, però, e specialmente per le esperienze più significative, sento parlare di scambio fra madri italiane e straniere, gli uomini mi sembrano un po’ scomparsi. Insomma, che fanno gli uomini in una banca del tempo?

LDS: Questo aspetto meriterebbe una maggior riflessione da parte nostra perché esiste una certa differenza di comportamento legata al genere. A grandi linee possiamo dire che la presenza maschile è preziosa e molto richiesta per tutti quei lavori di bricolage, di manutenzione, di cura della casa. Per esempio piccoli lavori di idraulica, elettricità, imbiancatura, manutenzione di biciclette e così via. Inoltre si nota che il socio è tendenzialmente attivo nel fare e nel proporsi come esperto nel suo campo e disposto a insegnare tenendo laboratori o corsi (gli scambi collettivi). La relazione per lui è importante ma mediata dalla azione. Nelle nostre BdT abbiamo numerosi esperti di computer che accettano di fare lezioni individuali a persone imbranate e intimorite dai corsi ufficiali (spesso donne in età matura che sentono l’handicap di non riuscire a comunicare con i nuovi mezzi di comunicazione). L’obbiettivo è quello di aumentare il numero di soci uomini come anche quello di aumentare il numero di giovani che già forse attuano degli scambi tra i pari ma in modo informale e legato alla temporaneità delle amicizie (per esempio tra studenti).

 

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