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Beni Comuni PDF Stampa E-mail
Aree tematiche - Con Marx e oltre il marxismo
Venerdì 13 Luglio 2012 00:00

di Paolo Rabissi

E' in corso uno sforzo  di dare definizione giuridica sempre più precisa alla nozione di Beni Comuni. Certe loro caratteristiche sorprendenti aprono percorsi politici molto interessanti.

The present effort to give legal definition to the concept of Common Goods opens very interesting political paths, due to their peculiar and surprising features.

Gemeingut? Man bemüht sich immer mehr eine exakte juristische Definition des Gemeinguts zu geben, dessen? überraschende Eigenheiten leiten interessante politische Debatte ein.

C'è un filo rosso pratico-teorico che si chiama 'beni comuni' che sembra voler fare da collante a quella miriade di iniziative e riflessioni di segno antagonista che hanno già alle spalle una storia non breve ma che negli ultimi mesi ha conosciuto un'accelerazione tale da far pensare alla possibilità del costituirsi di una nuova egemonia culturale e politica, di una nuova soggettività politica con caratteristiche interessanti soprattutto per la sua trasversalità di classe, di genere, di nazioni, per il suo collocarsi fuori dai binari di partiti e istituzioni ufficiali, per la sua connotazione critica antisistemica (mercato, neoliberismo, ecc.)Quando si sente dire che i referendum di giugno dell'anno scorso sono stati un momento chiave di questo processo che oggi ad esempio si concretizza in ALBA, si coglie nel vero se si aggiunge che quell'esito positivo è stato preparato dal lavoro di centinaia di iniziative locali individuali e collettive dei mesi e anni precedenti, quasi invisibili a causa, non a caso, della scarsa risonanza sui media. 

A quel lavoro e a quel successo di giugno vanno aggiunti almeno, citando a braccio, la resistenza del popolo NO TAV, le cariche di sindaci conquistate da Giuliano Pisapia e da Luigi De Magistris a Milano e Napoli, la significativa esperienza dell'occupazione del teatro Valle a Roma, l'interessante nascita della Società dei territorialisti e delle territorialiste, l'occupazione della torre Galfa a Milano e la serie di iniziative legate a essa, ecc.

Sostrato teorico comune e pratica quotidiana di democrazia partecipativa, di iniziative locali 'dal basso', sembrano sempre più radicarsi nel discorso, forse ancora da esplorare e configurare fino a fondo, dei 'beni comuni'.

Per capire occorre partire dal sentimento sempre più diffuso di necessità di lotta condotta contemporaneamente contro il saccheggio delle forme di energia naturali, lo smantellamento dei servizi di pubblica utilità, la privatizzazione dei beni pubblici, la dittatura del comando delle imprese su tutte le forme del lavoro. Questa prospettiva di riconversione ecologica sociale politica e culturale che anima movimenti a livello planetario ha trovato qui in Italia sostegno e legittimità nel tentativo di tracciare una nuova teoria giuridica relativa ai beni comuni così come è stata prospettata nei lavori della Commissione Rodotà sui beni pubblici la cui data di nascita risale al 2007. I componenti della Commissione hanno elaborato un testo normativo che prevede la soppressione delle vecchie categorie di demanio e patrimonio e la redistribuzione delle specie dei beni in nuove categorie tra le quali spicca quella dei “beni comuni” (i cd. commons). Così recita il testo: "I beni comuni sono quei beni a consumo non rivale, ma esauribile, come i fiumi, i laghi, l’aria, i lidi, i parchi naturali, le foreste, i beni archeologici, ambientali e culturali, la fauna selvatica, i beni culturali, etc. (compresi i diritti di immagine sui medesimi beni)". Questi beni, continua la Commissione: "esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali e al libero sviluppo delle persone e dei quali perciò la legge deve garantire in ogni caso la fruizione collettiva, diretta e da parte di tutti, anche in favore delle generazioni future". Si precisa infine che nella definizione di bene vanno comprese anche le cose immateriali, le cui utilità possono essere oggetto di diritti: si pensi ai beni finanziari o allo spettro delle frequenze. A difesa di questi beni comuni la Commissione ha previsto una disciplina particolarmente garantistica per rafforzarne la tutela e garantirne la fruizione collettiva.

Ma non tutto è così apparentemente semplice. Lo stesso Rodotà in numerosi interventi successivi ha ribadito la necessità di chiarire le ambiguità che la nozione di beni comune porta con sé.

Sulla scorta degli studi di Elinor Ostrom, premio Nobel per l'economia, l'economista italiano Enrico Grazzini comincia a dipanare con grande efficacia la questione (vedi Il Manifesto del 26 maggio). Anzitutto, avverte, va distinta la nozione di bene comune da quella di 'bene di merito', una distinzione che appare decisamente risolutiva se ci si riferisce ad esempio all'acqua e al codice genetico. I 'beni di merito' sono quelli indispensabili per la sopravvivenza umana e/o hanno un alto valore morale o sociale e pertanto essi vanno tolti dal mercato e salvaguardati giuridicamente per garantirli a tutti gli esseri umani.

'A differenza dei beni meritevoli, continua Grazzini, la caratteristica specifica e peculiare (e positiva) dei beni comuni non è morale: consiste invece nel fatto che è difficile escludere qualcuno dall'utilizzarli, e che sono anche tendenzialmente “non rivali”, cioè possono essere fruiti contemporaneamente da più persone o da comunità di utenti - come le conoscenze, Internet, l'ambiente, Wikipedia e le reti'.

Ma c'è di più. I beni comuni così intesi, i commons, hanno almeno altre due caratteristiche eccezionali: “possono essere gestiti in maniera più efficiente, innovativa e sostenibile dalle comunità di riferimento. E, reciprocamente, se invece sono gestiti dai privati o dallo Stato - cioè in favore di élite privilegiate, private o pubbliche - in generale vengono gestiti in maniera non ottimale, cioè con sprechi e inefficienze e in modo non sostenibile nel tempo. Questa è la vera grande scoperta scientifica di Elinor Ostrom”. Le comunità locali dunque, ribadisce Grazzini, sono in grado di gestire questi patrimoni meglio di qualsiasi azienda privata o statale come dimostra il caso di Internet che è gestita dalla comunità di scienziati, ricercatori, informatici, utenti. “Wikipedia è la principale enciclopedia al mondo ed è gestita in maniera aperta dalla comunità di utenti e da una fondazione che li rappresenta”.

L'altra caratteristica altrettanto eccezionale dei commons esaminati è che la gestione comunitaria dei beni comuni comporta un nuovo modo di produzione cooperativo e non competitivo.

Ce n'è abbastanza, ci sembra, per far giustamente dire a Grazzini che la discussione è appena iniziata e che riserva ancora sorprese: non a caso l'economista chiama tutta la sinistra a misurarsi su questi temi nell'immediato politico.

 

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