di Paolo Rabissi
La lotta dei salariati nella Logistica si sta dispiegando in maniera sempre più decisa e determinata, grazie anche alla Rete l'organizzazione di base riesce a mobilitarsi con qualche successo. Naturalmente a parlarne sono pochissimi. Si tratta di una mano d'opera composta perlopiù da migranti spesso senza permesso di soggiorno e pertanto ricattabili con condizioni di lavoro simili alla schiavitù. Veri e propri fantasmi anche perché non hanno diritto al voto senza il quale difficilmente le lotte potranno avere esiti duraturi.
Persino I Ciompi a Firenze nel 1378 riuscirono a vedere riconosciuti, almeno per qualche anno, i loro diritti di cittadini: i salariati più bassi della lavorazione della lana infatti, addetti alla ‘ciompatura’, alla battitura della lana, rimasta a bagno nella loro propria urina, erano indefinitiva cittadini di Firenze (a parte ‘una brigata fiamminga’!), anche se molti di loro erano immigrati in città dal contado, immiserito dalla peste e dalle guerre. Gli ‘addetti alla logistica’ del nostro tempo, facchini perlopiù, sono invece in gran parte migranti africani. Risiedono sì in Italia ma è come se non ci fossero. Lavorano dieci, dodici ore al giorno ma sono invisibili, veri e propri fantasmi, non sempre hanno un salario, spesso è dilazionato, non maturano alcun diritto di anzianità perché ad ogni licenziamento devono sempre ricominciare da capo, molti non hanno permesso di soggiorno, chi ce l’ha ha lo stesso trattamento.
I Ciompi occuparono Palazzo Vecchio, allora dei Priori, e con una inattesa rivolta, maturata però negli anni, imposero la propria presenza nella vita politica, i facchini della logistica per ora occupano le strade, per fermare i TIR si sdraiano sotto le ruote. I Ciompi maturarono nel giro della loro stagione di lotta, che durò un quinquennio, la sorprendente consapevolezza rivoluzionaria (a giudicare dalle rivendicazioni divenute leggi per breve tempo) di non poter ottenere la tutela effettiva dei propri interessi senza modificare a proprio favore i rapporti di potere vigenti. Questo difficilmente potrà succedere per le lotte nella logistica, soprattutto perché hanno poche possibilità di aggregare qualche altra categoria , non sono una classe, sono paria della lotta di classe, anche se di essa riescono ad assumere forme di lotta abbastanza simili. Sono dei «sans-droits», «sans-parole», «sans-plume». Parlano in pochi un italiano stentato e lo affidano a gruppi di giovani studenti che generosamente seguono le loro lotte, anche se in moltissimi casi sono studenti loro stessi. Ci sono anche italiani, ma sempre più spesso vengono licenziati, gli africani senza permesso di soggiorno sono preferiti.
Ma proprio come i Ciompi rappresentano un vasto insieme di salariati non specializzati, privi di strumenti di produzione, normalmente retribuiti a giornata, soggetti a una disciplina del lavoro da schiavi. I Ciompi sconvolsero i rapporti di potere grazie a una politica vincente di alleanze, soprattutto con la piccola borghesia delle Arti minori, nella logistica difficilmente riescono a trovare alleati, potrebbero esserlo forse i camionisti dei TIR. Ciononostante è un vero e proprio ciclo di lotte quello che si è aperto da tempo in questo settore nevralgico dell’economia e lo dimostra lo sciopero indetto per il 22 marzo per il contratto nazionale di lavoro. Alleanze difficili ma capacità organizzative dispiegate grazie all’uso della rete. Lo sciopero è stato deciso in una Globalconference che ha messo in contatto otto città del Nord Italia, il web da spazio virtuale si è trasformato in una agorà reale in cui centinaia di lavoratori hanno discusso e votato per scioperare.
Spiegano Anna Curcio e Gigi Roggero su Il Manifesto del 22 marzo:
‘I lavoratori della logistica, in particolare i facchini, sono nella loro quasi totalità migranti. Ci vuole poco a capirne i motivi: la ricattabilità a cui sono sottoposti dalla legislazione esistente li spinge ai livelli bassi del mercato del lavoro, dove i confini tra occupazione e lavoro nero si dissolvono, i contratti sono formalità di cui i padroni si disfano facilmente, l'intensità dello sfruttamento non conosce regole. Nel sistema delle cooperative, modello della sinistra e in questo caso nemico degli operai, le gerarchie del comando vanno dai vertici dell'impresa a una rete di caporali, passando per l'uso di bande mafiose che colpiscono le figure di riferimento delle mobilitazioni (auto bruciate, minacce e aggressioni, ecc.)’.
Difficili dunque anche alleanze istituzionali . E tuttavia il ciclo di lotte aperto da qualche anno non solo ha l’aria di voler continuare ma è già in grado di ottenere qualche riconoscimento. Comincia , con tante difficoltà, a lasciare traccia la continua denuncia della criminalizzazione dei migranti che crea uno straordinario bisogno di sicurezza, s’incrina in qualche modo la possibilità delle aziende (IKEA, COOP…) di gestire autoritariamente la mano d’opera senza alcun controllo.
La logistica è ancora uno dei pochi settori dove si crea occupazione. Nel 2011 nel Veneto ad esempio c’è stato un saldo positivo di 564 unità, interamente attribuibile a forza lavoro straniera. La logistica è ancora un settore ad occupazione prevalentemente maschile. La maggioranza è rappresentata da facchini, seguono gli autisti, i conduttori dei mezzi pesanti, gli impiegati, i portalettere/fattorini. Ma, nonostante che la logistica sia un settore a capitale umano molto basso si tratta in realtà di un settore ad elevata “conoscenza tacita”, caratterizzato da saperi non codificabili e non codificati, trasmissibili solo per via informale attraverso l’esperienza diretta. Gli esperti lo chiamano ambiente di knowing by doing. (Sergio Bologna, Lavoro e capitale nella logistica italiana: alcune considerazioni sul Veneto, www.globalproject.info 19 marzo'13. La logistica, afferma Bologna, 'muove' in Veneto più di 43 mila persone tra entrate e uscite).
La domanda da porsi riguarda la possibilità che il ciclo di lotte riesca ad ottenere riconoscimenti forti e duraturi. Il pessimismo è d’obbligo. Per il motivo che dicevamo all’inizio, per il quale persino i Ciompi nel lontano 1378 avevano più chance dei migranti del duemila, la mancanza di cittadinanza per la quale sono una presenza fantasmatica. Contro la cittadinanza c’è un’agguerrita opposizione. Ma sembra comunque di poter dire che un’alleanza ‘civile’ su questa parola d’ordine forse è ancora possibile nel nostro paese e sembra l’unica via perché le lotte dei migranti e di tutta la logistica acquistino visibilità e maggiori possibilità.
Ma non è così semplice. Di mezzo c’è anche un fattore in qualche modo legato alla politica nazionale. Si tratta del voto. Il voto dei 4 milioni e passa di residenti stranieri di tutte le età (il 6,7% del totale della popolazione). Ci avverte Ferruccio Gambino ( 'I predatori del voto negato' www.sbilanciamoci.info del 22 marzo '13): ‘Ovviamente questa è una conta per difetto, poiché i migranti privi di documenti legali – variamente stimati nell’ordine di meno di un milione di individui – si sono tenuti alla larga dai rilevatori durante i mesi del Censimento. Come sempre, la ripartizione dei seggi è avvenuta sulla base del totale della popolazione residente che risulta dal Censimento medesimo. Mentre gli aventi diritto al voto sono soltanto gli italiani, l’assegnazione del numero dei seggi alle 27 circoscrizioni della Camera e alle 20 circoscrizioni del Senato nel territorio nazionale è data dal totale della popolazione residente – italiana e straniera – nelle singole circoscrizioni’.
Ma non basta. Gambino spiega anche che le regioni come la Lombardia che hanno più immigrati finiscono con l’esercitare ‘un peso territoriale iniquo per eccesso di seggi ottenuti rispetto a quelle circoscrizioni dove la presenza straniera è minore.’.
Dimodoché ‘al momento delle elezioni politiche una massa di più di quattro milioni di migranti residenti in Italia, in gran parte giovani di classe operaia, diventa il fantasma della politica corrente.’.
La cosiddetta ‘società civile’ dovrebbe riuscire a trovare in questo obiettivo del voto di cittadinanza una ragion d’essere.
Dopo cinque anni di potere effettivo a Firenze i Ciompi furono sconfitti ed estromessi dalla vita politica definitivamente. Del resto dopo qualche decennio a Firenze si instaurò la Signoria e gli ordinamenti democratici messi in cantina per qualche secolo. Non è detto che debba finire di nuovo così anche oggi.
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