Pagina 1 di 7 Il personale e il politico
Il dibattito che qui viene riportato, cui è stato conservato il titolo mutuato da un noto slogan femminista degli anni settanta, è nato occasionalmente da uno scambio di mail della redazione sulla struttura della rivista e che ha finito con l’interrogarsi sull’opportunità di dare spazio alle vicende di natura sessuale del capo del governo (e dintorni) o se in definitiva era meglio tacerne. Alla fine ha prevalso l’idea di rendere pubblica la discussione che, per le diverse posizioni che esprime, è sembrato a tutti potesse interessare chi ci legge.
Franco: … Proporrei di raccogliere il suggerimento di Aldo in un altro modo: un vero editoriale diverso in ogni numero che vada ad aggredire un nodo, un problema di stretta attualità, decidendolo all'ultimo momento a seconda di quello che sta succedendo, magari evitando il priapismo senile mediatico di Berlusconi. Che ne dite?
Adriana: … Io invece non eviterei. Molti uomini e donne di destra e sinistra sottovalutano la portata simbolica e politica della questione, riducendola a pettegolezzo, gossip, utilizzando la figura retorica dell’abbassamento, fino alla irrilevanza, comunque qualcosa lontano dalla politica. In realtà, non di interesse più o meno morboso verso il priapismo del capo, si tratta, ma del fatto che il capo di un governo che pretende di legiferare su tutti gli aspetti della vita (nascita e morte, orientamento sessuale, amore, famiglie, convivenze..., tutti temi chiamati, con formula improvvida, eticamente sensibili, quelli ai quali la gerarchia ecclesiastica tiene di più, ben consapevole del fatto che il vero dominio sulle coscienze, menti e cuori degli uomini e delle donne passa attraverso questi valori) disattende in privato i valori dei quali si è proclamato paladino in pubblico, con la stessa arroganza con la quale pretende di imporli alla massa quando fa votare le leggi per ragioni di convenienza politica. Le leggi di questo, come di altri governi, ispirate dalla religione o da opportunismi politici, sono tutte volte a normare in senso repressivo ogni istanza di uscita dal ruolo sessuale assegnato alle donne, ruolo insidiato negli ultimi trent’anni dalle istanze di autodeterminazione delle donne (non tutte) e dalle nuove consapevolezze di uomini (non tutti) nei riguardi del corpo, sessualità, amore, relazioni tra donne e uomini. Queste leggi hanno il compito di confermare una visione del mondo dai ben definiti confini sessuali, che non vanno varcati pena il disordine sociale. Il confine tra pubblico e privato è stato imposto storicamente dagli uomini, che hanno riservato a sé l’area dello spazio pubblico, e innanzitutto l’area della politica, che è fatta di cose serie: lavoro, economia, società, guerre. Quello che è accaduto nella vicenda della quale stiamo discutendo è riassunto in modo chiaro da Lea Melandri in un articolo pubblicato sul sito della Libera Università delle Donne: <<[…] saltati i confini tra sfera privata e sfera pubblica, il corpo, la sessualità, il rapporto uomo-donna si sono venuti a trovare all'improvviso nel cuore della politica -dove sono stati a lungo rimossi, trattati come parenti impresentabili-, non si può dire altrettanto della coscienza femminile che da quasi mezzo secolo è venuta rivoluzionando gerarchie di potere tra i sessi, date come eterne e immodificabili. La cultura maschile, arroccata dietro la maschera difensiva della neutralità, ha fatto orecchie da mercante, ha lasciato che passasse l'onda imprevista e travolgente del femminismo degli anni '70, e ha archiviato l'unica critica radicale alla politica insieme ai sussulti libertari del '68. Poi, per uno di quei dispetti imperscrutabili della storia, è accaduto che, a scoperchiare il vaso di Pandora e a svuotarlo di tutto ciò che è sempre stato visto come non politico, fosse il rappresentante di una della maggiori cariche dello Stato. Un'occasione unica per portare alla luce verità scomode e perturbanti - perché nascoste dietro comportamenti abituali della vita quotidiana di ogni individuo-, ma anche incline, proprio per la sua eccezionalità, a operare nuovi occultamenti >>. Proprio perché lo scambio sesso-potere-soldi è alla base delle relazioni uomo donna nel nostro sistema culturale e sociale (nelle varie forme legittimate socialmente: prostituzione, matrimonio eterosessuale, carriere...), proprio perché costituisce la radice del nostro ordine sociale, anche se condannato a parole dalla morale tradizionale, deve rimanere nascosto nelle case, nei palazzi, non deve essere sbandierato; si sa che il mondo va così, chi fa finta di ignorarlo o scandalizzarsi è ingenuo/a, ipocrita, oppure si tratta di beghine, donne vecchie e/o brutte, che non hanno potuto avvalersi nella loro vita di questa risorsa e piegare la situazione a proprio vantaggio. Così pensano gli uomini che invidiano chi ha la possibilità soddisfare i propri desideri e le proprie pulsioni al di sopra della massa, così pensano le donne e gli uomini che sostengono che sono fatti privati, accusando di moralismo chi critica, specie se le critiche provengono da vetero femministe, magari frigide, lesbiche e odiatrici degli uomini.
Paolo …Quello che a me ripugna è sentirmi dire che in fondo tutti gli uomini me compreso lo invidiano perché in realtà è quello che anche noi tutti vorremmo fare e essere. Ma mi ripugna anche l'idea che la differenza tra me e lui starebbe soltanto nell'essere io un piccolo peccatore rispetto al grande peccatore che è lui. Buttandola sul peccato insomma la questione appartiene a un altro mondo, non a questo e viene delegata al Cristo-Dio, se la vedrà lui e, sapendo che è un grande misericordioso, c'è da ben sperare. Il male in questa questione dunque starebbe nella natura umana, sia pure un po' animalesca, e tuttavia tale da creare fantasie e pruriti, che come tale è eterna e al massimo controllabile, in nome di portamenti più civili, sottoponendo il principio del piacere a maggiore rigore e relegandolo appunto sotto le lenzuola (la doppia morale…). Io non credo neanche un po' che tutti gli uomini desiderino passare unicamente il tempo a scoparsi le donne, credo piuttosto che la creazione di questo mito sia frutto di una costruzione culturale interessata a legittimare le culture di soggezione e sfruttamento. Credo che sia un portato della volontà di potenza dalla quale per fortuna non tutti siamo coinvolti ma che ha la prerogativa di infettare il mondo, al punto che chi non la pensa così sparisce dalla scena sociale, è considerato persona da niente, incapace di virilità potente, emarginato. Spesso anzi questa emarginazione crea i presupposti per scoppi inaspettati di violenza.
|