Lezioni d'italiano
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Lezioni d'italiano
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Martedì 05 Giugno 2012 14:12 |
Proponiamo ogni volta brani più o meno brevi, tratti da qualsiasi testo, non necessariamente letterario, che ci sembrano rappresentare in modo adeguato la ricchezza, la varietà, la modernità, la bellezza della nostra lingua. Il gioco è semplice: non diciamo da quale libro e autore questi brani sono tratti, invitiamo i lettori a farlo nei commenti qui sotto, o a proporre altri esempi di lingua italiana virtuosa.
1) Erano fioriti i campi di Provenza. Aguzzando lo sguardo e distraendosi dal presente, non era difficile intravedere Francesco Petrarca, vestito di robone rosso e la fronte coronata di lauro capitolino, che un po’ sospirava Laura un po’ si chinava sulle vestigia dorate della romanità, per decifrare il verbo degli antichi. Venivamo da Parigi ed eravamo diretti ad Avignone. Un mistral senza cattiveria rincorreva le nubi bianche, che come ninfe fuggenti si laceravano le vesti alle creste aguzze delle Alpille.
2) Era vero, non s’era mai visto tanto bello e non s’era sentito mai tanto leggero, leggero fino a quel punto, e mano mano che saliva elevandosi sulla città, si elevava anche il pensiero. Le preoccupazioni della Reggia e di tutta la sua gente si allontanavano, s’attenuavano, si perdevano davanti allo sguardo. La luce vinceva tutto, il calore del sole e la leggerezza del corpo, il verde smeraldino delle foglie e il filo d’acqua argento, e la purezza del respiro , tutto gli faceva sentire che quanto si faceva laggiù, fra quell’ammasso di marmi e di pietrame, era qualcosa di sommamente pesante e afoso da cui gli pareva sentirsi schiacciato e oppresso.
3) Tra qualche tempo avrei perso anche la possibilità di avere figli. Nessun essere umano si sarebbe staccato mai da me con l’angoscia con cui mi ero staccata da mia madre soltanto perché non ero mai riuscita ad attaccarmi a lei definitivamente. Non ci sarebbe stato nessun più e nessun meno tra me e un altro fatto da me. Sarei rimasta io fin alla fine, infelice, scontenta di quello che avevo trascinato furtivamente fuori dal corpo di Amalia… Che fare ingenuo e sbadato era stato cercar di definire “Io” questa fuga obbligata da un corpo di donna, sebbene ne avessi portato via meno di niente!
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Giovedì 10 Novembre 2011 21:10 |
Proponiamo ogni volta brani più o meno brevi, tratti da qualsiasi testo, non necessariamente letterario, che ci sembrano rappresentare in modo adeguato la ricchezza, la varietà, la modernità, la bellezza della nostra lingua. Il gioco è semplice: non diciamo da quale libro e autore questi brani sono tratti, invitiamo i lettori a farlo nei commenti qui sotto, o a proporre altri esempi di lingua italiana virtuosa.
1) Bastava anche dire che Fadigati era "così", che era di "quelli". Ma talvolta, come succede, a parlare di argomenti indecorosi, e dell'inversione sessuale in ispecie, c'era chi ricorreva sogghignando a qualche parola in dialetto, che è sempre tanto più cattivo, da noi, in confronto alla lingua dei ceti superiori. Per poi aggiungere non senza malinconia: "Eh, già".
2) Ci si persuadesse che la vera letteratura si costituisce più come operazione che nasconde e meno come un atto che svela! Più la poesia è tale, più costruisce un simulacro, una statua o un fantasma che divorano l’autore.
3) Ridete franco e forte, sopra qualunque cosa, anche innocentissima, con una o due persone, in un caffè, in una conversazione, in via: tutti quelli che vi sentiranno o vedranno ridere così, vi rivolgeranno gli occhi, vi guarderanno con rispetto... Terribile ed awful è la potenza del riso; chi ha il coraggio di ridere, è padrone degli altri, come chi ha il coraggio di morire.
4) La bocca amara e gli occhi di Carlo, ravvivati da una fiamma interiore, durante tutto il suo racconto, hanno risvegliato in me quella voglia dolorosa, fatta di sentimenti contrastanti, di buttarmi nel furore del combattimento e di dimenticarmi tutto nell'azione.
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Mercoledì 26 Gennaio 2011 00:00 |
Proponiamo ogni volta brani più o meno brevi, tratti da qualsiasi testo, non necessariamente letterario, che ci sembrano rappresentare in modo adeguato la ricchezza, la varietà, la modernità, la bellezza della nostra lingua. Il gioco è semplice: non diciamo da quale libro e autore questi brani sono tratti, invitiamo i lettori a farlo nei commenti qui sotto, o a proporre altri esempi di lingua italiana virtuosa.
1) Sono nata sotto un tavolino. Mi ci ero nascosta perché il portone aveva sbattuto, dunque lo zio rientrava. Lo zio aveva detto: ” Rimandala a sua madre, non vedi che ci muore in casa?” Ambiente non c’era intorno, visi neppure, solo quella voce. Madre, muore, nessun significato, ma rimandala sì, rimandala voleva dire mettila fuori della porta. Rimandala voleva dire mettermi fuori del portone e richiuderlo. Pur protetta dal tappeto che con le frange sfiorava il pavimento, ascoltavo fitto fitto: tanta volte venissero a cercarmi per mettermi fuori!
2) Non piansi affatto alla notizia: nemmeno una lagrima. Però sull’istante fui morso da quella stessa, identica sensazione già provata su quella via traversa di San Lorenzo: come di un pungiglione di vespa grossissima, che dal collo mi penetrasse fino in fondo alla gola. Io non intesi, allora, il richiamo del doppio segnale; mentre oggi mi chiedo se quella nuova, piccola belva sanguinaria, perfetta gemella dell’altra, non fosse per caso una sua messaggera postuma, inviata a suggerirmi, col suo pungiglione, il motivo innominato di quel mio pianto. Questa non fu, come l’altra, foriera di pianto; ma certi individui sono più inclini a piangere d’amore, che di morte.
3) La luce del vicolo non arrivava a terra: Scendeva fino al primo piano a mezzogiorno, poi ritornava su. D'inverno restava più in alto. La casa era avvolta in un'ombra costante. Ogni ricordo è tenuto nella custodia di finestre opache, come se avessero sempre le tende tirate, e non avevano tende. Il sole valeva bene la sua fama e ci si andava come a una piazza, si scende ad attingere con secchi vuoti. Si tornava stanchi anche per la luce che aveva colmato gli occhi, oltre che per ala salita.
4) La città si stendeva sotto di lui sul mare, la sua città ora a lui proibita, con odore di morte per lui nel giro dei suoi viali. E nel cuore della città sua madre prigioniera. E colpi di cannone, come pugni, dal mare striato azzurro teso, come nel vuoto, contro la sua città, contro sua madre.
5) Angiolina, una bionda dagli occhi azzurri grandi, alta e forte, ma snella e flessuosa, il volto illuminato dalla vita, un color giallo ambra soffuso di rosa da una bella salute, camminava accanto a lui, le testa china da un lato come piegata dal peso di tanto oro che la fasciava, guardando il suolo ch’ella ad ogni passo toccava con l’elegante ombrellino come se avesse voluto farne scaturire un commento alle parole che udiva.
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Martedì 11 Maggio 2010 00:00 |
Con questo numero variamo una nuova rubrica che vuole proporre anche un gioco serio. Il titolo, pur molto esplicito, ha pure un sottointeso ironico. Vogliamo richiamare l’attenzione su un uso pigramente sciatto della lingua italiana. Invece di aderire ad appelli oppure sottoscrivere roboanti dichiarazioni sulla necessità di difesa della lingua, la nostra piccola provocazione vuole sottolineare proprio le valenze espressive della lingua italiana in tutta la sua ricchezza.
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