Il personale ed il politico Stampa
Editoriali e dibattiti - Dibattito redazionale
Venerdì 01 Gennaio 2010 00:00

Il personale e il politico

Il dibattito che qui viene riportato, cui è stato conservato il titolo mutuato da un noto slogan femminista degli anni settanta, è nato occasionalmente da uno scambio di mail della redazione sulla struttura della rivista e che ha finito con l’interrogarsi sull’opportunità di dare spazio alle vicende di natura sessuale del capo del governo (e dintorni) o se in definitiva era meglio tacerne. Alla fine ha prevalso l’idea di rendere pubblica la discussione che, per le diverse posizioni che esprime, è sembrato a tutti potesse interessare chi ci legge.

Franco: … Proporrei di raccogliere il suggerimento di Aldo in un altro modo: un vero editoriale diverso in ogni numero che vada ad aggredire un nodo, un problema di stretta attualità, decidendolo all'ultimo momento a seconda di quello che sta succedendo, magari evitando il priapismo senile mediatico di Berlusconi. Che ne dite?

Figura portafortuna che fonde gli attribuiti di due divinità dell'abbondanza: Priapo  (riconoscibile dall'enorme fallo in erezione), dio della fecondità, e Mercurio, dio del commercio, riconoscibile dal caduceo. Affresco da Pompei databile dall'89 aC al 79 dC. - Napoli, Museo Archeologico NazionaleAdriana: … Io invece non eviterei. Molti  uomini e donne di destra e sinistra sottovalutano  la portata simbolica e politica della questione, riducendola a pettegolezzo, gossip, utilizzando la figura retorica dell’abbassamento, fino alla irrilevanza, comunque qualcosa lontano dalla politica. In realtà,  non di interesse più o meno morboso verso il priapismo del capo, si tratta, ma del fatto che il capo di un  governo che pretende di  legiferare su tutti gli aspetti della vita (nascita e morte, orientamento sessuale,  amore, famiglie, convivenze...,  tutti temi chiamati, con formula improvvida, eticamente sensibili, quelli ai quali la gerarchia ecclesiastica tiene di più, ben consapevole del fatto che il vero dominio sulle coscienze, menti e cuori degli uomini e delle donne passa attraverso questi valori) disattende in privato i valori dei quali si è proclamato paladino in pubblico, con la stessa arroganza con la quale pretende di imporli alla massa quando fa votare le leggi per ragioni di convenienza politica. Le leggi di questo, come di altri governi, ispirate dalla  religione o da opportunismi politici, sono tutte volte a normare in senso repressivo ogni istanza di uscita dal ruolo sessuale assegnato alle donne, ruolo insidiato negli ultimi trent’anni dalle istanze di autodeterminazione delle donne (non tutte) e dalle nuove consapevolezze di uomini (non tutti) nei riguardi del corpo, sessualità, amore, relazioni tra donne e uomini. Queste leggi hanno il compito di confermare una visione del mondo dai ben definiti confini  sessuali, che non vanno varcati pena il disordine sociale. 
Il confine tra pubblico e privato  è  stato imposto storicamente dagli uomini, che hanno riservato a sé l’area dello spazio  pubblico, e innanzitutto l’area della politica, che  è fatta di cose serie: lavoro, economia, società, guerre.  Quello che è accaduto nella vicenda della quale stiamo  discutendo è riassunto in modo chiaro da Lea Melandri in un articolo pubblicato sul sito della Libera Università delle Donne:
<<[…] saltati i confini tra sfera privata e sfera pubblica, il corpo, la sessualità, il rapporto uomo-donna si sono venuti a trovare all'improvviso nel cuore della politica -dove sono stati a lungo rimossi, trattati come parenti impresentabili-, non si può dire altrettanto della coscienza femminile che da quasi mezzo secolo è venuta rivoluzionando gerarchie di potere tra i sessi, date come eterne e immodificabili. La cultura maschile, arroccata dietro la maschera difensiva della neutralità, ha fatto orecchie da mercante, ha lasciato che passasse l'onda imprevista e travolgente del femminismo degli anni '70, e ha archiviato l'unica critica radicale alla politica insieme ai sussulti libertari del '68. Poi, per uno di quei dispetti imperscrutabili della storia, è accaduto che, a scoperchiare il vaso di Pandora e a svuotarlo di tutto ciò che è sempre stato visto come non politico, fosse il rappresentante di una della maggiori cariche dello Stato. Un'occasione unica per portare alla luce verità scomode e perturbanti - perché nascoste dietro comportamenti abituali della vita quotidiana di ogni individuo-, ma anche incline, proprio per la sua eccezionalità, a operare nuovi occultamenti >>.
Proprio perché lo scambio sesso-potere-soldi è alla base delle relazioni uomo donna nel nostro sistema culturale e sociale (nelle varie forme legittimate socialmente: prostituzione, matrimonio eterosessuale, carriere...), proprio perché costituisce  la radice del nostro ordine sociale, anche se condannato a parole dalla morale tradizionale, deve rimanere nascosto nelle case, nei palazzi, non deve essere sbandierato; si sa che il mondo va così,  chi fa finta di ignorarlo o scandalizzarsi  è ingenuo/a,  ipocrita, oppure si tratta di  beghine, donne vecchie e/o brutte,  che non hanno potuto avvalersi nella loro vita di questa risorsa e piegare la situazione a proprio vantaggio. Così pensano gli uomini che invidiano chi ha la possibilità soddisfare i propri desideri e le proprie pulsioni al di sopra della massa, così pensano le donne e gli uomini che sostengono che sono fatti privati, accusando di moralismo chi critica, specie se le critiche provengono da vetero femministe, magari frigide, lesbiche e odiatrici degli uomini.

Paolo …Quello che a me ripugna è sentirmi dire che in fondo tutti gli uomini me compreso lo invidiano perché in realtà è quello che anche noi tutti vorremmo fare e essere. Ma mi ripugna anche l'idea che la differenza tra me e lui starebbe soltanto nell'essere io un piccolo peccatore rispetto al grande peccatore che è lui. Buttandola sul peccato insomma la questione appartiene a un altro mondo, non a questo e viene delegata al Cristo-Dio, se la vedrà lui e, sapendo che è un grande misericordioso, c'è da ben sperare. Il male in questa questione dunque starebbe nella natura umana, sia pure un po' animalesca, e tuttavia tale da creare fantasie e pruriti, che come tale è eterna e al massimo controllabile, in nome di portamenti più civili, sottoponendo il principio del piacere a maggiore rigore e relegandolo appunto sotto le lenzuola (la doppia morale…). Io non credo neanche un po' che tutti gli uomini desiderino passare unicamente il tempo a scoparsi le donne, credo piuttosto che la creazione di questo mito sia frutto di una costruzione culturale interessata a legittimare le culture di soggezione e sfruttamento. Credo che sia un portato della volontà di potenza dalla quale per fortuna non tutti siamo coinvolti ma che ha la prerogativa di infettare il  mondo, al punto che chi non la pensa così sparisce dalla scena sociale, è considerato persona da niente, incapace di virilità potente, emarginato. Spesso anzi questa emarginazione crea i presupposti per scoppi inaspettati di violenza.


 

Adriana … La conferma che si tratta di una costruzione sociale  e non di naturalità  sessuale è data dal fatto che  quando qualche donna giunge ai vertici  della carriera a volte si comporta nello stesso modo degli uomini rispetto allo scambio sesso-potere, perché questo è il modello dominante, e in quanto tale si apprende, non è un comportamento biologicamente connaturato alla sessualità maschile.  Venendo al caso in questione, secondo la morale tradizionale la moglie doveva stare  zitta, come le donne  devono fare, semmai vedersela in privato (non arrivo a pensare a pregare per la conversione del marito, come S. Rita) ;  la prostituta/le prostitute dovevano  stare al proprio  posto,  sono puttane e come tali inaffidabili...., così va il mondo, senza distinzioni a priori di destra e sinistra.
Se da un lato  fare delle veline-escort-prostitute il capro espiatorio segnala la solita misoginia di donne e uomini, dall’altro il loro comportamento, che può essere senz’altro ascritto a una scelta –  sebbene all’interno di un dato contesto sociale-  segnala l’adesione – a livello più o meno profondo- all’ ordine sessuale vigente, che fa della sessualità femminile una sessualità di servizio, nelle varie forme seduttivo-riproduttive, alla sessualità maschile.
Esempio ulteriore può essere l’affluenza di molte giovani donne – alte almeno un metro e settanta, preferibilmente bionde e belle –ne è stata scartata qualcuna perché non abbastanza bella- alla selezione fatta per compiacere il narcisismo di un altro attempato uomo di stato, che ha preteso di  nominarsi educatore religioso di donne  giovani e belle. Suppongo si sia trattato di interesse nazionale accondiscendere al bizzarro desiderio di un tale ospite, fatto sta che nella situazione attuale di crisi occupazionale 50 o 60 euri per una serata, sia pure noiosa, vogliono dire molto.
Ma quali sono i rapporti di forza tra uomini e donne in generale oggi, da noi e in gran parte del mondo?
E che succede quando l’unica ricchezza che le donne possono mettere sul mercato e su cui contare  è la loro funzione riproduttivo-sessuale?

Quello che il priapismo del capo (rivelato da due donne: moglie, prostituta.... da non sottovalutare la cosa) svela è che la concezione maschilista e patriarcale delle relazioni tra uomini e donne è alla base del sistema, con i relativi premi e le relative punizioni per chi non si adatta; infatti le donne, se sanno comportarsi in un certo modo, che apprendono fin da bambine, traggono vantaggi, privilegi e protezione..., beninteso se stanno alle regole, altrimenti sono mogli ingrate (velina ingrata la Lario), opportuniste (le veline), poco affidabili. Esattamente quest’area di problemi è stata affrontata nel femminismo degli anni settanta,  il personale è politico, si disse allora, in rottura con le compagne dell’ UDI, che  si battevano per l’emancipazione delle donne in famiglia come nel sociale (lavoro, politica,  diritti sociali), senza affrontare la visione maschilista patriarcale (dei loro uomini prima di tutto) sulla quale è costruito il mondo comune di uomini e donne; in rottura con i compagni del PCI e delle formazioni extraparlamentari di allora, che accusavano le femministe di rompere il fronte comune di lotta. Ricordiamo tutte/i il ‘77 quando i compagni di Lotta Continua aggredirono le compagne riunite in un’Assemblea separatista ? Il fatto è  che questa impostazione della politica  rovescia effettivamente  l’ordine costituito, è radicale, rivoluzionaria e, in quanto tale, sovversiva.
Per molte donne (non tutte) il discorso è andato avanti nell’analisi delle complicità interiorizzate con  il discorso dominante, anche uomini più recentemente (c’è un blog che si chiama Maschile Plurale che tematizza la questione dal punto di vista degli uomini) si stanno interrogando, e comunque queste, sia per donne che per uomini, sono operazioni disturbanti del proprio equilibrio faticosamente costruito, fanno franare certezze, difese, mettono in crisi comportamenti consolidati, sicurezze acquisite nel corso degli anni, aspetti della soggettività considerati fondamentali  per il proprio benessere, e non tutte o tutti ne hanno voglia.

Laura …Ancora una volta papi fa appello alla parte deteriore di gran parte dei maschi. Purtroppo la silenziosa accondiscendenza di molte donne permette tutto ciò ed è vero che lo fa non perché a loro manchi consapevolezza, bensì perché è difficile e destabilizzante opporsi all'aspetto peggiore del  maschilismo e quindi al modello di società e di potere così come va avanti e non accenna ancora a cambiare. Proprio questo penso sia uno dei punti più deboli  per una reale liberazione delle donne. Molte teoriche, per quanto ne so io, che non è molto, non tengono conto di questo aspetto che invece è fondamentale. Naturalmente l'isolamento crescente in cui tutti noi viviamo, che ci porta a risolvere individualmente i nostri problemi aggrava la situazione.
Davanti all'indecenza priapica di B. e alle dichiarazioni di Ghedini (utilizzatore finale) e di altri cortigiani,  le donne, tutte, avrebbero dovuto scendere in piazza a gridare la loro indignazione, invece si sono mosse solo alcune intellettuali, che sono state emarginate dai media, quasi fossero ancora una volta delle fanatiche e basta.
La cosa più grave è la mancanza di un movimento. Il movimento potrebbe dare coraggio ad alcune (non molte, ahimé).


Adriana … Laura, le tue osservazioni colgono, secondo me, due nodi centrali del discorso. Tu affermi:

- ...è difficile e destabilizzante opporsi all'aspetto peggiore del  maschilismo e quindi al modello di società e di potere così come va avanti e non accenna ancora a cambiare.Molte teoriche, per quanto ne so io, che non è molto, non tengono conto di questo aspetto che invece è fondamentale...-

Proprio questo è il problema generato dai vari proclami trionfalistici  di morte del patriarcato, liberazione delle donne nella società, nel lavoro... , che induce la falsa opinione che non ci sia più bisogno di attenzione ai meccanismi di riproduzione sociale e culturale, che ci sia la completa parità, anzi quasi uno sbilanciamento di potere nei confronti del genere femminile che sarebbe oggi più garantito,  più forte e privilegiato - soggettivamente e oggettivamente- del tanto bistrattato genere maschile. A prima vista mi pare che le posizioni in campo siano così riassumibili:

le veline, le  aspiranti alle carriere pubbliche ... sono una minoranza, enfatizzata dai media, la realtà e costituita da donne che lavorano sodo in tutti i campi, in casa e fuori, si sacrificano per la famiglia, sgobbano più di molte altre donne in Europa e Occidente per conciliare le  casa e lavoro, sono le migliori negli studi e nelle ricerche, senza negare la loro femminilità. II  risultato è ribadire gli stereotipi sessuali della funzione primaria delle donne la cura del mondo, delle persone, degli animali (ingentilire i costumi, controllare la barbarie innata maschile...) .

Oppure si sostiene che  ormai le donne hanno raggiunto consapevolezza del proprio valore e del proprio potere, sono autonome e autodeterminate, possono fare quello che vogliono, scegliere di usare il proprio corpo come credono, come business, trascurando il fatto che i famosi:  io sono mia , riappropriazione del corpo , il corpo è mio e lo gestisco io, volevano  esprimere nella sintesi dello slogan la ricerca pratico-teorica  per  scardinare un sistema di relazioni uomo donna basato sulla codificazione di ruoli sessuali, metteva in crisi un certo modo di intendere la sessualità maschile e femminile,  l’amore, l’ immaginario comune, scientifico e filosofico sui corpi, di donne e uomini nei vari cicli di età,  i significati simbolici attribuiti ai corpi, e di conseguenza  le politiche relative, le costruzioni sociali, le teorie , i saperi e i linguaggi disciplinari....
Oggi si assiste a una presa in carico diretta anche da parte di molte donne di quella mentalità che si voleva  sradicare, ci si mantiene  nell’ ottica maschilista-patriarcale,  modificabile solo con cambiamenti di superficie e con la modernizzazione dei costumi dettati dall’evoluzione della società.

Affermi poi:

-le donne, tutte, avrebbero dovuto scendere in piazza a gridare la loro indignazione, invece si sono mosse solo alcune intellettuali, che sono state emarginate dai media, quasi fossero ancora una volta delle fanatiche e basta...-

Conseguenza logica, secondo me, di quanto ho detto è che noi donne non la pensiamo tutte allo stesso modo, molte sono ben convinte del sistema, lo considerano naturale e il migliore possibile, come molti uomini.
Altre, pur un po’ sofferenti,  non vorrebbero abbandonare ruoli in cui hanno saputo ritagliarsi spazi di benessere, di successo, di protezione, di ammirazione, di amore, per rischiare solitudini e fraintendimenti, spazi ai quali si sono adattate, magari con fatica,   nei quali si sanno muovere ottenendo il meglio per sé, per un qualcosa che non si sa bene che cosa sia, senza garanzie di maggiore felicità
L’esempio che mi viene in mente è la lotta di classe: perché le operaie e gli operai non scendevano in lotta  compatte/i contro i loro sfruttatori?
Erano imbecilli? pavidi? anche, ma non avevano quella che chiamavamo coscienza di classe, chi si muoveva era una élite di merda, che dedicava molte energie a comunicare, far prendere coscienza, spiegare, convincere.
E da ultimo, ma non meno importante, c’è il fatto che le numerose iniziative di donne (e di qualche uomo isolato), appelli pubblici,  interventi e manifestazioni nelle piazze reali e virtuali, nazionali e internazionali, non arrivano mai ai mezzi di comunicazione di massa, quelli che  informano e fanno opinione creando la realtà, per questo si  straparla di silenzio delle donne.
Ultima osservazione, ma non meno importante, dire che le donne non si ribellano vuol dire azzerare tutte le  tattiche e strategie individuali e collettive (ce ne sono) portate avanti da donne in Italia, che non approdano ai media, se non per fatti di clamore –litigi nelle manifestazioni ad esempio- ma contribuiscono alle  modificazioni dei costumi, delle abitudini e delle mentalità di molte donne e molti uomini, trasformazioni che  sono sotto gli occhi di tutt* quell* che hanno occhi per vedere e orecchi e per intendere.
Così affermare che  non c’è più movimento significa non accorgersi che sono cambiate certe forme di mobilitazione e comunicazione; non c’è più nei termini tradizionali che conosciamo, delle manifestazioni di piazza, ma ci sono le piazze virtuali –blog e social network-  ricche di interventi, anche di molte giovani  donne.
Forse allora  sarebbe più corretto  allora parlare di silenzio degli uomini.

Laura: … Dovrebbero rendere obbligatoria  nelle scuole la lettura di Eros e Priapo di Gadda:

-E' ovvio che l'aspirante tiranno si volga preferentemente agli omini e a'giovani, i quali, adeguatamente insigniti di coltello, possono venir promossi a strumenti precipui della sua birbonata......Senonché il Poffarbacco si preoccupò de le femmine. La sua esibita ed esibenda maschilità, sovraeccitata da stimolo insano lo sospingeva a rivolgersi ancora alle femine che lo incupivano nel desiderio. E avvertito dellaimportanza che le donne possono avere nell'"organico" della famiglia e della società, col suo fiuto di furbo di provincia sente che potrà tirare un qualche profitto dando a bere a le grulle che talvolta le sono ch'esse pure  hanno senso e capacità politica, talché poi le donne gli vanno mugolando d'attorno col pretesto del comune amore per il pòppolo, in realtà sospinte da una certa lor ghiottoneria ammirativa per il virulento babbeo che regala d'amoroso guiderdone le amiche, ma insomma ne tiene a bada la vedovata lubido. -
Carlo Emilio Gadda,  Eros e Priapo,  Garzanti 2007, cap.3, pag.50.


Aldo … delle giuste osservazioni di Adriana sulla sottovalutazione della sinistra circa i problemi del corrente maschilismo e sulla dimenticanza di molte donne, o peggio sulla loro identificazione con i meccanismi tradizionalmente maschili del potere, bisognerebbe ragionare molto:  mi pare che ci sia al fondo una sindrome, un concorso di fattori diversi: cambio generazionale, propensione del tutto cattolica (o meglio cristiana) verso il complesso di colpa,  corsi e ricorsi storici ? Varrebbe la pena di pensarci meglio.
Comunque al ragionamento di Adriana io aggiungerei una riflessione sul fenomeno della smemoratezza come base del pentitismo che qui riporto.
C’è un gioco strano della memoria. Non coinvolge le singole persone ma un’intera generazione. Ho sempre notato come negli studi sul ’68, e sui movimenti sociali che in un modo o nell’altro sono nati nella sua scia, non vi sia quasi traccia della narrazione del mondo che li ha preceduti, quasi la memoria si fosse fissata su quegli avvenimenti così dirompenti da lasciare completamente in ombra la situazione che li ha generati. Alla lunga le ribellioni sequenziali degli anni ’60 e ’70 (e persino ’80) possono apparire senza spiegazione. Nulla più sull’autoritarismo della chiesa, sulla disciplina esacerbante delle istituzioni, sull’infelicità della vita coniugale, sulle umiliazioni quotidiane inflitte alle donne, sul lascito fascista nella scuola, nell’esercito, nella polizia. Nulla più sugli aborti clandestini, sull’indice dei libri proibiti, sul caporalato, sulla vita da schiavi nelle fabbriche, sui manicomi, sull’asfissiante conformismo, sull’ipocrisia del mondo provinciale, sulla repressione sessuale, sulla censura nel cinema e nella stampa (Qualche frammento di memoria? Una bambina di forse 12 anni cacciata pubblicamente dalla chiesa, dal prete, mentre celebrava messa, perché aveva le gonne un po’corte; un compagno di scuola suicida per un brutto voto; una richiesta al vescovo per poter leggere un libro di filosofia; la faccia delle armi e le parole scomposte di una pattuglia della polizia della strada in agguato dietro a una curva). Le ribellioni di quegli anni si sono nutrite delle cause che le hanno generate sino alla loro completa consumazione. Ritengo che con questa gigantesca opera di rimozione (si badi: sui motivi delle ribellioni non sulle stesse)  la generazione cui appartengo abbia pagato e stia pagando ancor oggi un conto assai salato (Per esempio l’impressionante ignoranza della storia di quegli anni da parte di molti delle nuove generazioni, la latitanza di tante ragazze giovani nella lotta per la difesa dei loro diritti, il distacco di troppi operai da ogni valore di solidarietà). 
Una voce di questo conto è quella del pentitismo. Un vasto fenomeno quello del pentitismo,  poco sondato e del quale si scorge solo qualche volgare punta di iceberg. Quante persone da  fresche opinioni progressiste sono passate a un pensiero e a un comportamento egoista e laido? Non il pentitismo dei brigatisti (spesso dimesso e silenzioso; forse hanno pagato per tutti noi) ma quello di molti che non solo si sono ravveduti delle avventatezze di quegli anni ma hanno abbracciato i valori e le parole d’ordine della parte politica e culturale avversa (questo governo ne è pieno) dimenticandosi, così è lecito pensare, di tutte le ragioni che un tempo li avevano portati a ribellarsi contro quella società che ora abbracciano con tanta tenerezza. Si deve pensare, se non si ha perso cinicamente ogni rispetto dell’essere umano, che chi ha cambiato così radicalmente idea deve aver attraversato un travaglio interiore, forse lungo, forse doloroso, certamente degno di rispetto. Tuttavia,  (proprio per questo) non si comprende come chi, dopo lunga meditazione, è arrivato alle conclusioni di aver commesso in vita sua così immani, così mostruosi errori, possa dimostrarsi così sicuro adesso di non commetterne altri di opposta natura. E non si capisce come mai chi ha tanto sbagliato, avanzi pretese di discorso assolutamente opposte a quelle di un tempo, con immutata arroganza, e urli e boccheggi con la medesima veemenza e rabbia nel corpo. Basterebbe un tono più dimesso a rendere più credibile la loro mutazione interiore.
Nel Doctor Faustus, Thomas Mann spiega la sua concezione dell’inferno:

- Per dirla in breve la sua natura, o se preferisci, la sua qualità più spiccata consiste nel concedere ai suoi inquilini soltanto la scelta tra il gelo estremo e un calore che potrebbe fondere il granito. Fra questi due estremi essi si dibattono ululando, poiché nell’uno l’altro sembra continuamente un ristoro divino, ma diventa subito, e nel più infernale significato della parola, insopportabile. Trattandosi di estremi la cosa dovrebbe piacerti...-

C’è qualche cosa di infernale in un certo modo di pentirsi.

Laura: Aldo approfondisce molto bene e in modo struggente il tema della rimozione della memoria mettendo il dito sulla piaga. Ciò è avvenuto da parte di molti, ma in modo particolare da parte delle donne, che, a tutti livelli, si sono lentamente adeguante, ritornando nei ranghi, cancellando  oppure svuotando o lasciando svuotare le conquiste sociali e culturali che si erano ottenute a caro prezzo. Le loro figlie sono ora in molti casi aspiranti veline, oppure ben poco sanno di quanto sia costata la presa di coscienza, anche solo marginale, in molti casi, delle donne. Mi inquieta molto la storica Anna Bravo, ad esempio, un tempo in prima fila nelle rivendicazioni femministe, la quale si straccia le vesti sulla questione  dell'aborto, dimenticando che il problema non è tanto l'aborto, che nessuna legge ha sancito come metodo contraccettivo, bensì , come è noto, il superamento di una condizione di illegalità che fino agli anni '70 condannava le donne, le più povere, a morire per opera delle mammane. C'è qualcosa di sconcio in questo stracciarsi le vesti. Sappiamo che la psicologia del rinnegato lo porta a sposare totalmente la logica del padrone a cui intende rivolgersi, se non votarsi...  Perché non affrontare in over-left proprio questo problema, che ritengo cruciale, della rimozione della memoria, rispolverando posizioni teoriche, dando spazio anche al pù recente pensiero delle donne (che già Adriana sta facendo molto bene) e persino tornando a film che documentavano la vita della nostra società prima che il '68 ne scardinasse i fondamenti (penso, per fare un  esempio che mi viene spontaneo, a La vacanza di un Tinto Brass ben diverso dall'attuale porno soft, ma ce ne sono tantissimi). Indicare certi titoli sarebbe un modo per ricondurre su binari più reali e corretti la riflessione sul '68/'70 con uno strumento più facilmente divulgativo  che costituirebbe un apporto parallelo alle trattazioni teoriche.

Adriana: Vi ricordate il putiferio che suscitò l'intervista di Anna Bravo? Risposte su tutti i giornali, interviste, dichiarazioni di dissociazioni da un interpretazione del genere....? Mi pare che non passò sotto silenzio, a proposito di memoria non possiamo trascurare tutte quelle che hanno risposto.

Laura : Grazie al cielo c'è stata una reazione. Ma è proprio  il personaggio Anna Bravo che mi inquieta, anche perché la conoscevo personalmente. Pare l'emblema di questo volgere le spalle a quanto di buono è stato conquistato.


Adriana: come contributo al nostro dibattito incollo l’articolo di Lea Melandri che può essere rintracciato sul sito dell’Università delle Donne.

Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione per una Libera Università delle Donne di Milano, di cui è stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997);Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 (ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991;La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralità indici bile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali:"Ragazza In", "Noi donne", "Extra Manifesto", "L'Unità". Collaboratrice della rivista "Carnet" e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la rivista"Lapis. Percorsi della riflessione femminile", di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. [Nota biografica tratta dal sito della Libera Università delle Donne di Milano]

Antiberlusconismo e conflitto tra i sessi

Per quanto mosso da un narcisismo incontenibile e da un senso di onnipotenza che non conosce limiti, sia nell'arte amatoria che nel governo della cosa pubblica, Silvio Berlusconi non può ragionevolmente essere considerato il cinico, diabolico responsabile dei mali che affliggono da millenni il rapporto tra i sessi. Eppure, l'impressione che si ha dal dibattito che ferve intorno al tema sesso e potere, è che, avendo incarnato un immaginario erotico largamente diffuso tra uomini e donne, Berlusconi ne sia anche, sotto molti aspetti, il creatore. La mercificazione del corpo femminile non data dalla nascita della televisione, lo scambio di sessualità con doni, denaro, successo, carriere, o sopravvivenza, non si pratica solo all'interno di Palazzo Grazioli e nelle stanze del potere. Allora perché si parla di sessismo, di patriarcato, di violenza maschile, di uso umiliante del corpo delle donne soltanto adesso? Perché si attribuisce alla vicenda Berlusconi-Noemi, Berlusconi-escort, l'effetto eclatante di uno svelamento, o, come ha detto Nicky Vendola alla trasmissione L'Infedele (28.9.09), di una autobiografia nazionale? La personalizzazione del potere, di cui il Presidente del Consiglio viene da più parti accusato, non rischia di orientare anche il giudizio dei suoi oppositori, nel momento in cui lo si fa protagonista unico di uno dei domini più antichi del mondo, così radicato nella vita dei singoli e delle collettività da essere ancora oggi considerato naturale? Se è vero che, saltati i confini tra sfera privata e sfera pubblica, il corpo, la sessualità, il rapporto uomo-donna si sono venuti a trovare all'improvviso nel cuore della politica -dove sono stati a lungo rimossi, trattati come parenti impresentabili-, non si può dire altrettanto della coscienza femminile che da quasi mezzo secolo è venuta rivoluzionando gerarchie di potere tra i sessi, date come eterne e immodificabili. La cultura maschile, arroccata di etro la maschera difensiva della neutralità, ha fatto orecchie da mercante, ha lasciato che passasse l'onda imprevista e travolgente del femminismo degli anni '70, e ha archiviato l'unica critica radicale alla politica insieme ai sussulti libertari del '68. Poi, per uno di quei dispetti imperscrutabili della storia, è accaduto che, a scoperchiare il vaso di Pandora e a svuotarlo di tutto ciò che è sempre stato visto come non politico, fosse il rappresentante di una della maggiori cariche dello Stato. Un'occasione unica per portare alla luce verità scomode e perturbanti - perché nascoste dietro comportamenti abituali della vita quotidiana di ogni individuo-, ma anche incline, proprio per la sua eccezionalità, a operare nuovi occultamenti. Mescolare, come stanno facendo negli ultimi tempi alcuni giornali e trasmissioni televisive antiberlusconismo e velinismo, rapporto di un'alta carica dello Stato con le donne e mercificazione del corpo femminile, induce alla semplificazione di un problema che, a partire dal degrado della politica istituzionale, si estende a tutte le manifestazioni di ordine privato e pubblico, segnate dal pensiero di un sesso solo, oltre che dagli adattamenti e dalle resistenze, con cui le donne l'hanno fatto proprio. Dopo la fase iniziale, in cui si è giustamente insistito sul pericolo che rappresenta per la democrazia lo scambio tra sessualità e ruoli istituzionali, l'equivalenza tra rappresentanza politica e carriera televisiva, si è finito per spostare i riflettori in direzioni diverse, ma tali da far apparire il rapporto uomo-donna, appena affiorato alla coscienza maschile, un pretesto per altre battaglie. Nel documento della Libera Università delle donne di Milano, che ha raccolto un migliaio di firme, le dimissioni di Berlusconi venivano così motivate: . Di questa, come di molte altre prese di posizione collettive, venute dalle reti e associazioni del femminismo, i giornali che oggi conducono una quotidiana campagna contro il Premier, non hanno dato notizia, limitandosi quasi sempre a invocare la 'ribellione' delle donne in nome della loro 'dignità' offesa. La cultura che su sessismo, patriarcato, corpo politico, si è venuta costruendo nell'arco di quarant'anni, da parte di donne e di alcuni uomini -penso per esempio all'associazione Maschile/Plurale-, non è un caso che sia rimasta ancora una volta in ombra. Portato inaspettatamente allo scoperto dalle vicende berlusconiane, il rapporto tra i sessi ha finito per restare impigliato nei suoi risvolti pubblici -l'intreccio tra televisione, affari e potere politico-, quando non è stato appiattito e confuso col pettegolezzo e lo sdegno moralistico. L'affermazione di Berlusconi -la maggioranza degli italiani vorrebbe essere come me, grande amatore dell'altra metà del cielo, che può permettersi di avere sempre alla sua tavola presenze femminili gradevoli- è stata tradotta da Gad Lerner (/Repubblica/ 28.9.09) in un interrogativo che ogni uomo potrebbe fare a se stesso: . Posta in questi termini, la domanda che vorrebbe far luce sull'immaginario erotico e sulla sessualità maschile, finisce inevitabilmente nelle secche di un discorso riguardante un uomo che assomma in sé un potere smisurato, una doppia onnipotenza, sessuale e politica, come ha scritto ida Dominijanni (/Il Manifesto/, 29.9.09) e che non può perciò che essere invidiato. La messa a tema del sessismo -il potere sulla donna che ogni uomo in quanto tale, noto o sconosciuto, ricco o miserabile, ha ereditato da una cultura patriarcale millenaria-, dopo una breve, timida apparizione, scompare ancora una volta, identificata con l'oggetto primo e unico della battaglia in corso: Silvio Berlusconi. Il sospetto che la questione femminile, l'umiliante rappresentazione del corpo delle donne nei media, ben documentata dal filmato di Lorella Zanardo, sia, più o meno consapevolmente, assunta come mezzo per altri fini, può essere smentito solo quando gli uomini riconosceranno che il nuovo galateo di Berlusconi, come lo ha definito Gad Lerner, è l'altra faccia, antica come il mondo, della misoginia maschile, la maschera edulcorata dall'amore del potere che l'uomo si è attribuito nei confronti dell'altro sesso. Di un Presidente del Consiglio, che mescola con assoluta noncuranza potere mediatico, politico e sessualità, è giusto chiedere che si dimetta, mentre non può non sollevare dubbi la chiamata alla ribellione delle donne offese, senza dire che la peggiore offesa sta nell' ignorare la cultura che la coscienza e l'intelligenza femminile più vicina a noi hanno prodotto, propria a partire dal rapporto tra corpo e polis, sessualità e politica.

Adriana : Finalmente si sta incrinando l'assordante silenzio degli uomini con il comunicato che vi incollo sotto. E' vero che ci sono state precedenti prese di posizione pubbliche da parte di intellettuali, in occasioni particolari, ad esempio in occasione della giornata contro la violenza sessuale, ma si trattava appunto di occasioni considerate eccezionali, e quindi fuori della normalità, non si voleva/sapeva ricondurre l'origine di questi i fatti alla quotidianità della relazione uomo-donna.

Oggi alcune circostanze  hanno reso plateale il maschilismo diffuso, sotteso anche a comportamenti apparentemente amichevoli verso le donne, viziati però da una concezione tradizionalista del ruolo sociale femminile, e interrogano uomini comuni sul proprio sentire e rapportarsi all'altra metà del cielo individualmente e collettivamente.

Questo l’appello:

DA ALCUNI UOMINI ITALIANI

Noi dichiariamo un netto rifiuto della cultura che considera le donne italiane a disposizione degli uomini, cultura rappresentata ed espressa in questi anni soprattutto da Silvio Berlusconi attraverso le sue televisioni, la sua politica e la sua vita, ma anche dal leghismo di Bossi e da molti uomini italiani troppo silenziosi. Noi ci vergogniamo di essere rappresentati all’estero da Silvio Berlusconi come uomo Presidente del Consiglio. Ci impegniamo a promuovere la dignità degli uomini italiani, consapevoli e convinti che oggi più che mai in Italia sia necessaria una forte e diffusa reazione individuale e collettiva a questa cultura nemica delle donne, dell’omosessualità  e degli stessi uomini. Riteniamo sempre più importante un cambiamento degli uomini di ogni età, basato sul rispetto di ogni genere, sulla coscienza della parzialità, sul valore delle differenze, sul piacere delle relazioni paritarie e sulla non violenza. Per un’Italia diversa e migliore. Per aderire scrivere a  Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.


Franco … credo anch’io che, come afferma Paolo, l’esuberanza sessuale maschile sia in buona parte una costruzione favolistica necessaria per legittimare il teatro dei duplici ruoli fra uomini e donne; tuttavia, prima di entrare nel merito delle molte questioni poste dall’intervento di Adriana e da quello successivo di Laura e Aldo sul pentitismo, vorrei fare un passo indietro sul mio breve intervento che ha innescato questo dibattito. Io inviterei tutti e tutte a problematizzare di più la questione mediatica (parlavo infatti di priapismo senile con un intento ironico e mediatico con un intento più serio). Provo allora a restringere il, campo di indagine. Stiamo parlando dello scambio sesso denaro potere e non delle predilezioni sessuali o delle abitudini delle persone. Bene: tale scambio, come dice Adriana stessa, è sempre avvenuto e io non so bene dire se questo sia prerogativa delle società patriarcali e solo di quelle. Qual è la novità, rispetto al fenomeno? Per me sta in questo: nel nuovo restaurato governo del principe (mi riferisco a un convegno tenutosi nel lontano 1985 che aveva per titolo proprio questo: come riportare il principe al governo dell’Europa?), ciò che stiamo vedendo è lo spettacolo di corte, che in definitiva ha riguardato sempre, in tutti i tempi, una esigua minoranza. La differenza con il passato è che tali giochi di corte laiche e papali si venivano a sapere decenni e secoli dopo grazie all’opera dei grandi scrittori (Splendori e miserie della cortigiane di Balzac, per esempio), mentre oggi la corte inscena i suoi comportamenti sgangherati e ne fa uno spettacolo in diretta televisiva a ciclo continuo, da paese dei balocchi. Alcuni dei protagonisti dello spettacolo sono più adeguati di altri, nel senso di saper reggere meglio la tensione che ne deriva. Come parlare di tutto questo senza essere sudditi-spettatori di quello che avviene ed evitare di essere a nostra volta inconsapevoli partecipanti a una sorta di grande karaoke?
Altra questione: la contraddizione fra un governo che vuole normare tutto secondo il placet della Chiesa Cattolica e l’evidente contraddizione nei comportamenti del suo leader, che peraltro sembra avere molti adepti anche fra l’opposizione cosiddetta. Posta in questi termini la questione è antica: fate quello che dico ma non guardate quello che faccio. Anche le corti del passato imponevano ai sudditi una morale diversa da quella che riservavano per loro stessi, solo che i sudditi non sapevano, forse intuivano, qualcuno aveva modo di sbirciare dal buco della serratura, ma non di aver la stanza da letto aperta e in casa alla vista di tutti ventiquattro ore al giorno. Non sono però convinto che lo scambio reale sia questo. L’etica di Berlusconi è neopagana, contrassegnata da un eccesso abnorme di dionisiaco, come da sempre in tutte le corti, comprese quelle vaticane, solo che l’esposizione pubblica di tutto questo crea un corto circuito e incide (poco, molto poco), su una minoranza di cattolici inquieti. Lo scambio fra Chiesa Cattolica e governo è puramente di potere, denaro e sfere d’influenza, senza nessun risvolto etico. La chiesa sa benissimo che non controlla più le coscienze, a volte mi sembra che gli unici che ancora credono che sia ancora in grado farlo sia il popolo di sinistra e questo forse spiega le pirotecniche dichiarazioni di Marrazzo, subito dopo il fattaccio: “Ho pagato per proteggere la mia famiglia e adesso vado in convento.” Neppure nel 25% di praticanti con qualche assiduità vi è una maggioranza che si pone concretamente il problema di fedeltà alla morale cristiana, salvo le eccezioni di rito. Se si ponesse poi a chi esce dalla chiesa ogni domenica la domanda: quali sono le virtù teologali? Sarebbe già molto se qualcuno non le confonda con i vizi capitali, visti i comportamenti medi di massa, imitativi (specie nei fine settimana e visti i bassi prezzi di mercato) di alcune pratiche di corte; mentre mia nonna, semi analfabeta, avrebbe risposto correttamente. La Chiesa chiede determinate leggi perché sono il marchio del suo potere, poi quello che accade è un’altra cosa e lo sanno tutti. Su tutte le questioni sensibili ci sono ormai organizzazioni della società civile che offrono tutte le risposte possibili che il mercato richiede; dall’inseminazione artificiale ai patti di cittadinanza, dalla buona morte alla sepoltura laica alla cremazione discreta, alle terapie del dolore, l’unica cosa che la Chiesa cattolica non vuole è l’etica pubblica, mentre tollera e sollecita benissimo i comportamenti sociali più differenziati, purché individuali e privati. Se Peppino Englaro avesse portato la figlia oltre il confine svizzero a pochi ch ilometri nessuno avrebbe avuto nulla da ridire anche nella parte cattolica della Svizzera; se due omosessuali vanno davanti a un notaio e stabiliscono dei patti si solidarietà reciproca alla Chiesa cattolica sta benissimo e del destino delle anime di quei due non gliene importa più nulla. Il problema è che l’Italia non esiste più in quanto stato e nazione, ma è ritornata a essere un’espressione geografica gestita a mezzadria dalla criminalità organizzata e dallo stato vaticano, mentre la politica nazionale può solo mediare fra questi poteri, all’interno (vedi la trattativa con la Mafia) e ha i maggiori problemi nel mediare tutto questo con l’Europa e il resto del mondo e questo spiega le furiose campagne giornalistiche estere.  
- Vengo ora al merito di alcune questioni. Che Berlusconi faccia appello, forse anche inconsciamente, alla parte peggiore dei maschi, devo dire che mi interessa poco. La domanda che mi pongo è perché, apparentemente, non vi sia più traccia di quella tensione che aveva animato la stagione iniziata da quella grande intuizione degli anni ’70, del personale che è politico (personale e non privato, è bene ribadirlo perché la confusione esiste).  Chiedersi questo è anche chiedersi altro: che fine ha fatto l’intuizione della non neutralità della scienza, per esempio? E molte altre cose? Questa assenza è solo determinata dal pentitismo o non vi può essere dietro di essa la sofferta presa d’atto che è crollato un mondo? Ci rendiamo conto che molte di quelle intuizioni potevano nascere al riparo di una divisione del mondo in due campi? Che lo spazio, era garantito da una dialettica fra diversi, che permetteva spazi di libertà che oggi sono venuti meno? Anche sul fatto che le donne non siano scese in piazza in massa alla frase di Ghedini, potrebbe essere letta anche in un altro modo: non riguarda me, riguarda quel mondo, sarà anche sbagliato ma se è tornato a governare il principe, con i suoi cortigiane e le sue cortigiane e si è persa l’universalità dei diritti, la sensazione che ciò che accade in quel mondo riguardi soltanto loro è forte. Se governa il principe, in basso ci sono le plebi o le lobby, le quali rivendicano tutte libertà a diritti, ma sempre e solo per sé: avete mai visto il movimento omosessuale prendere posizione sui diritti delle donne e viceversa? Mi è capitato a Roma di assistere a dimostrazioni diverse fra lesbiche e omosessuali? Siamo sicuri che la questione del separatismo non abbia avviato poi di fatto una deriva lobbistica, che si è sposata con la frammentazione sociale estrema indotta dalla finanziarizzazione selvaggia?        
- Io non do personalmente un giudizio negativo sul silenzio. Nella mia esperienza, l’incontro con il femminismo, che nel mio caso è stato anche domestico, mi spinse a interrogarmi allora, sulla militanza e le sue ragioni profonde, mi insegnò a parlare di meno e ascoltare di più. Ho sempre rifiutato invece, l’aggregazione con altri maschi basata sull’identità maschile e la necessità di riscoprirla con un percorso simile a quello dell’autocoscienza: non credo che le prassi siano così facilmente estendibili al di fuori del loro campo e se penso in particolare a fenomeni come a quelli impersonati da Robert Bly negli Usa il mio sospetto aumenta. In Italia le esperienze cui ogni tanto mi sono avvicinato, mi sono sempre sembrate manifestazioni di un folklore maschile da evitare. Rimane però il fatto che l’autocoscienza femminile degli anni ’70, istituiva prima di tutto uno spazio in cui le donne potevano riconoscersi e parlarsi perché un tale spazio era da sempre negato e di cui invece gli uomini di certo non mancavano. La pratica dell’autocoscienza, separatista per necessità, non era alle origini ineluttabilmente identitaria ma lo è diventata e io continuo a diffidare sia delle pratiche identitarie, avendone accolta una in passato (quella di classe), che non è mai riuscita infondo a superare l’ostacolo di una identità basata sulla collocazione all’interno dei rapporti di produzione; causa non certo unica ma importante del fallimento e della sconfitta del comunismo novecentesco. Per me, hegelianamente, l’essere umano rimane un ente naturale generico: la società patriarcale opprime le donne ma è una formazione sociale, seppure trasversale ai modi di produzione e può essere cambiata come tutte le formazioni sociali. La gender politics porta quasi naturalmente a una moltiplicazione dei generi, secondo alcuni e alcune sarebbero addirittura sei: maschi e femmine etero, maschi e femmine omosessuali e lesbiche, maschi e femmine trasgender; se le identità diventano così forti e frammentate inutile chiedersi poi perché non si va in piazza tutti insieme.


Paolo: … caro Franco sono d’accordo con te, le tendenze identitarie non interessano nemmeno me né punto né poco. Figuriamoci poi le forme di autocoscienza maschili nelle quali prevalga appunto la ricerca d’identità. Che ciascuno identifichi la sua parlando con se stesso e col mondo e vada libero. Mi interessa solo il fatto che ci misuriamo in buona sostanza intorno a soli due organi sessuali differenti e che anche su questa differenza l’umanità costruisce rapporti di potere. Il novecento marxista ha privilegiato i rapporti di potere che nascevano all’interno del lavoro salariato. D’altra parte il capitalismo otto-novecentesco aveva innescato sui ruoli e sull’immaginario ereditati dal patriarcato i suoi meccanismi di riproduzione e ben presto lo scenario è stato interamentre occupato dalla dinamica del salario che aveva sussunto, mascherandolo, il rapporto servo padrone. Il femminismo, al suo modo, è tornato a ricordarci che la dinamica servo-padrone passa anche, e verosimilmente prima, dalle camere da letto. Per questo per me parlare dei ‘lettoni’ e di quello che avviene sotto le lenzuola serve. Serve anche che ne parlino gli uomini. Nella dinamica di potere presente nella relazione uomo donna cosa ci mette di suo il maschio, cosa la donna? Perché in questo mi sembra che le donne siano più avanti. Le dinamiche del potere femminile sull’uomo (dalla pretesa onnipotenza dei sentimenti su cui organizzano i ricatti più insidiosi sul maschio alle infinite strategie seduttive) sono state rese più che mai manifeste e scoperte, molto meno quelle maschili. Ma allo scopo di denunciare cosa? Allo scopo di denunciare quanto alla destra fascista e razzista italiote sta maggiormente a cuore, quello di oscurare definitivamente la lotta di classe e di tornare a ridurre il mondo alla necessità ‘naturale’ dei rapporti servo-padrone.   E dove altrimenti nascono, dicono le femministe, i rapporti servili se non sul corpo delle donne? E la distruzione del lavoro salariato classico, questa femminilizzazione del lavoro, non è forse appunto imposizione generalizzata di lavoro servile?