Frizioni Stampa
Aree tematiche - Con Marx e oltre il marxismo
Venerdì 13 Luglio 2012 00:00

di José Natanson

da Le Monde Diplomatique. Edizione latino americana, numero 153, marzo 2012

Traduzione e cura di Aldo Marchetti

La caduta del muro di Berlino ha eliminato progressivamente l'influenza degli USA in gran parte dell'America latina. Ciò ha permesso l'insediamento di governi progressisti che hanno ottenuto successi economici e politici: la povertà è fortemente diminuita, la crescita economica è superiore a quella degli stati europei.

The Fall of Berlin Wall has progressively eliminated the infuenze of the Usa in a large part of Latin America. This has permitted the rise of progressive governments that have obtained economical and political achievements: poverty has strongly diminished,  the economic growth is bigger than in the European area.

Der Berliner Mauerfall hat den Einfluss der USA über die Mehrzahl Lateinamerikas fortlaufend beseitigt . Als Konsequenz sind neue fortschrittliche Regierungen gebildet worden, die politische und ökonomische Erfolge erreichen. Die Armut ist viel geringer geworden und das Wirtschaftswachstum ist höher als das der Europäischen Länder.

La caduta del muro di Berlino nel 1989 e la dissoluzione del campo sovietico hanno aperto lo spazio all'ascesa di un nuovo tipo di sinistra che è quella che oggi governa quasi tutti i paesi latino americani e tutti quelli del Sudamerica, tranne Colombia e Cile. Il paradosso di una sinistra nuova che nasce quando la vecchia sinistra muore è solo apparente. La fine del dominio bipolare del periodo della guerra fredda infatti ha consentito la salita al potere di partiti e leader che in passato erano stati bloccati dagli Stati Uniti attraverso la destabilizzazione (come in Bolivia), la guerra mercenaria (come in Nicaragua), l'invasione (come in Repubblica dominicana) o il colpo di stato (come nel Cile di Allende).

A questo nuovo fattore geopolitico bisogna aggiungerne un altro di ordine interno, il fallimento del neoliberismo, che non è riuscito a combattere i mali endemici del Sudamerica come la povertà e la disuguaglianza (del resto non aveva nemmeno l'intenzione di farlo) e che soprattutto non è riuscito a raggiungere gli obiettivi che si era proposto. Come ha dimostrato in modo spettacolare il caso argentino, il Consenso di Washington non è stato capace in nessun paese della regione (l'unica eccezione, e discutibile, sarebbe quella del Cile) a stabilizzare l'economia e a rilanciare un ciclo di crescita sostenibile. Il dramma del neoliberismo è che è fallito proprio nel contenuto del suo pensiero.

Come succede per le singole persone anche per la politica il cambiamento è avvenuto per scontri e per frizioni. In America Latina è stato il malessere sociale causato dalle ricette neoliberiste, che nei casi come l'Argentina, Bolivia, Venezuela è sfociato in sommovimenti popolari seguiti da repressione violenta, che ha fatto in modo che un numero sempre maggiore di paesi abbia cominciato a esplorare strade alternative, ciò che Rafael Correa ha definito non come una epoca di cambiamenti ma come un vero e proprio cambiamento d'epoca. A dieci anni dall'inizio di questo nuovo ciclo è possibile tentare un primo bilancio. Vediamo.

 

Uno sguardo generale

Dal punto di vista economico il bilancio è positivo. Tra il “decennio perduto” degli anni '80 e il “mezzo decennio perduto” della seconda metà dei '90, la regione ha recuperato livelli di crescita inediti dagli anni '70. Secondo il Cepal, l'America Latina è cresciuta del 4,4 per cento tra il 2003 e il 2011. Con ciò i nuovi governi progressisti hanno dimostrato di essere capaci di garantire la governabilità dell'economia, cioè ad evitare che l'economia si volatilizzasse, cosa che ora appare del tutto naturale ma che era il fantasma tanto temuto prima dell'arrivo al potere di leader come Evo Morales e Lula.

In un articolo fondamentale su questo tema, intitolato in modo appropriato “La macroeconomia del vento in poppa”, José Antonio Ocampo attribuisce questo successo a una convergenza di fattori esterni (gli alti prezzi delle materie prime e, per alcuni anni, le buone condizioni di finanziamento internazionale) e interni (il governo del cambio e le manovre anticicliche). Vento in poppa quindi assieme a una intelligente gestione macroeconomica.

Però, lungi dal limitarsi a garantire alti tassi di crescita, i nuovi governi hanno portato anche notevoli miglioramenti dal punto di vista sociale. Ancora secondo il Cepal, la povertà è diminuita dal 44 per cento nel 2002 al 32,1 per cento nel 2010, in modo che si colloca a un livello inferiore a quello anteriore alla crisi del debito della fine degli anni '80.E poiché non si tratta di caramelle ma della vita delle persone, precisiamo che questo significa che niente meno che 44 milioni di latinoamericani hanno smesso di essere poveri in questo periodo. La spiegazione va trovata nei programmi di trasferimento dei redditi, il più importante dei quali, la brasiliana Borsa famiglia, arriva a 12 milioni di nuclei famigliari, vale a dire a circa 50 milioni di persone, ciò che lo fa diventare nel piano sociale più vasto del mondo (né in Cina né in India vi sono programmi di questa entità). In quanto alla disuguaglianza, anche questa è diminuita, sebbene a un ritmo inferiore a quello della povertà: secondo il Cepal l'indice Gini si è ridotto a una media del 1 per cento tra il 2002 e il 2010.

E poiché di recente è diventato di moda anche quantificare i fenomeni politici,ci sono ormai politologi che calcolano ossessivamente i consensi ai pariti e i posti sui banchi parlamentari. Ciononostante, a nostro parere, capire gli avanzamenti o le regressioni nel campo istituzionale è rimasto difficile come quantificare la poesia e l'amore. Ciò che si può affermare di certo è che, contrariamente a quanto molti pensavano, i governi di sinistra sono riusciti a mantenersi al potere malgrado la contrarietà dei grandi poteri tradizionali come quelli del mondo imprenditoriale e della chiesa. In ogni modo siamo di fronte a “cicli politici lunghi” che a volte si sostengono sulla continuità dello stesso partito politico (Brasile, Uruguay) a volte nella continuità della stessa persona (Venezuela, Bolivia, Ecuador). Come che sia la sinistra ha dimostrato che oltre alla stabilità economica è riuscita anche a garantire la stabilità politica.

 

Mille colori

Tuttavia la cosa forse più interessante a questo livello di analisi è osservare le diverse matrici nazionali di una sinistra veramente multicolore. Alcune caratteristiche notevoli, scelte a caso, potrebbero essere le seguenti: il Venezuela, che presenta il caso più commentato e meno compreso di tutti, combina la continuità esacerbata del tipico rentismo petroliero con alcune politiche molto importanti, però in innegabile declino, di controllo sociale, nel segno di un governo di indiscutibile origine democratica sovraccarico di una non meno indiscutibile inclinazione autoritaria. Il Venezuela non contempla limiti istituzionali all'esercizio perpetuo del potere, il che significa che Chavez può restare al governo sino a che il popolo lo vota, ciò che segna una netta differenza con il resto della regione e imparenta quel paese con alcune istituzioni europee, quantunque in quel caso si tratti di democrazie parlamentari (forse l'autore si riferisce al caso dell'ordinamento presidenzialista francese N.del R.).

Il successo raggiunto dal Brasile su problemi tanto diversi come la lotta contro la povertà o l'esplorazione marina di giacimenti petroliferi, la gestione urbana e la costruzione di un prestigio internazionale, è la conseguenza di un progetto di ampio respiro che si sostiene su tre positive trasformazioni: la democrazia (il cui pilastro è la Costitucion ciudadana del 1988), l'economia ( la cui base è il Real come garanzia di stabilità) e il Sociale (con la Borsa Famiglia come emblema di una ampia serie di iniziative di politica sociale). Come parte di una tendenza geopolitica di più ampia dimensione, rappresentata dallo sviluppo di alcuni paesi-continente (Cina, India), il Brasile è l'unico paese latinoamericano capace di convertirsi in una potenza mondiale.

Il caso della Bolivia è diverso dagli altri per il carattere di “rivoluzione simbolica” che ha implicato la salita al potere di Evo Morales, il primo presidente ajmara di un paese in cui la popolazione che si definisce indigena raggiunge il 62 per cento. Come risulta chiaro dalla recente intervista concessa da Morales a El Diplo il presidente boliviano ha impresso al governo uno stile suo proprio che non si limita all'abitudine contadina di cominciare la giornata di lavoro alle cinque del mattino ma che si riflette sulla sua posizione di intransigenza totale nei confronti dei casi (per la verità pochi) di corruzione che sono apparsi, il più noto dei quali è stato quello che ha visto come protagonista Santos Ramirez, amico personale di Morales, padrino alle nozze di sua figlia e ex direttore di Yacimentos Petroliferos Fiscales de Bolivia (YPFB), condannato a dodici anni di prigione per aver ricevuto una busterella. Il giacobinismo boliviano in materia di corruzione segna una differenza cruciale con paesi come Venezuela o Argentina.

 

Altro tempo

Lo scoppio della crisi mondiale nel settembre del 2008 ha prodotto una conseguenza che, nel bel mezzo della psicosi finanziaria e la voragine dei mercati, è passata curiosamente inavvertita: per la prima volta, il mondo in via di sviluppo ha superato in capacità economica i paesi avanzati. Il prodotto globale lordo infatti delle 23 economie già sviluppate è stato, sempre nel 2008, del 47,2 per cento del totale mondiale. Benché buona parte di questo fenomeno si debba alla crescita di Cina e India, l'America Latina con il Brasile in testa ha indubbiamente dato il suo contribuito.

Questo notevole riequilibrio del pianeta, attraverso differenze che si riducono progressivamente, si è approfondito a partire dalla seconda tappa della crisi mondiale, che infetta soprattutto l'Europa, e tutto sta a indicare che con il passare del tempo si andrà consolidando. La Banca Mondiale stima che nei prossimi due anni la crescita delle economie del Sud sarà maggiore di quattro punti rispetto a quella delle economie avanzate.

Però conviene andare cauti con l'ottimismo. A causa dell'impatto della recessione europea e del rallentamento della Cina, le condizioni economiche mondiali stanno cambiando velocemente. Il Cepal stima di fatto una crescita della regione pari al 3,7 per il 2012. Nuovi problemi appaiono all'orizzonte. Evo Morales ha dovuto affrontare una mini-ribellione popolare quando ha tentato di diminuire i sussidi per il combustibile, il Brasile ha annunciato un aggiustamento di 32 mila milioni di dollari per poter mantenere in ordine le finanze statali e pagare le altissime quote del debito, il governo peruviano deve litigare tutti i giorni con la protesta ambientalista e l'Argentina ha visto ricomparire la dipendenza estera, male endemico nazionale che si tenta di risolvere con il metodo ben noto della restrizione delle importazioni una per una.

Nel caso argentino pare evidente come alcuni problemi che sono al centro del dibattito politico attuale, come i conflitti con la CGT (il sindacato più rappresentativo N.di R.) per la crescita dei salari, l'abbassamento dei sussidi e le tensioni con alcuni governatori si debbano a un quadro economico meno favorevole che in passato, che pone dei limiti alla crescita delle retribuzioni, fa crescere le pressione fiscale, e cerca di valorizzare ogni dollaro che provenga dalla soja, dalla carne o dall'oro.