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Martedì 28 Febbraio 2023 09:46

 

di Adriana Perrotta Rabissi


ricostruzione storica di come è stato affrontato il tema del rapporto donne parole all'interno del femminismo

 

 

Un Archivio/Memoria

Il Gruppo di studio della Casa delle Donne di Pisa ha dato vita nel 2008 a un blog intitolato Il sessismo nei linguaggi per combattere gli stereotipi linguistici contro le donne.

L’esperienza si è conclusa all’inizio del 2022, le autrici hanno deciso di mantenere generosamente visibile in rete tutto la ricca produzione raccolta nei tredici anni di vita del blog, organizzata secondo aree tematiche e tempi di pubblicazione, per costruire: un “Archivio/Memoria delle iniziative nostre e altrui riguardanti il sessismo nel linguaggio parlato/scritto e figurato…… Questo materiale costituisce una Memoria preziosa di documenti, pensieri, manifestini, immagini e altro a disposizione di chiunque, citandone la fonte, ne voglia fare uso”. 

Il blog esamina l'uso sessista nei linguaggi della comunicazione e dell'informazione in Italia e fuori, in tutti i settori dalla politica, all’arte, alla cultura, al lavoro, ai costumi sociali, alla cartellonistica stradale, al cinema, al mondo dell’intrattenimento, presentando manifesti, analisi, interventi a convegni e seminari, interviste, bibliografie aggiornate fino al 2022.

Negli ultimi anni il dibattito sui modi per contrastare l’uso sessista della lingua si è intensificato anche in Italia, numerose sono pertanto oggi le fonti disponibili per la ricerca, libri, periodici, Seminari, Convegni e Corsi.

La particolarità di questo blog consiste non solo nella miriade di riflessioni, analisi e teorie proposte, ma nella quantità di soluzioni pratiche presentate e rintracciate in Italia e in Europa, nelle sperimentazioni, più o meno condivisibili, adottate progressivamente da istituzioni, da singole donne e da collettivi, oltre agli scambi di lettere, domande e risposte, tutto quel flusso di esperienza di vita e di pensiero prezioso per una ricerca pratico-teorica su come si è sviluppato il discorso sui linguaggi all’interno del femminismo. Un patrimonio che avrebbe rischiato di perdersi se non fosse stato raccolto in un Archivio.

 

 

Interessanti sono gli esempi di modificazioni della cartellonistica stradale nei paesi europei, le raccomandazioni agli uffici pubblici, alle scuole, agli ospedali di non usare linguaggi che discriminino le donne, iniziative documentate già dal 2007 soprattutto nel Nord Europa, che rendono conto di quale fosse la sensibilità al tema in certe zone d’Europa rispetto al nostro paese.

Il blog funziona pertanto sia come stimolo di ricerca e riflessione su un uso non sessista della lingua, sia come documento storico del percorso di un gruppo femminista italiano sul tema.

L’Archivio è consultabile  all’indirizzo http://ilsessismoneilinguaggi.blogspot.com/2022/03/




L’attenzione al rapporto donne parole nei linguaggi disciplinari

La maggior parte delle donne che confluiscono nei collettivi e nei gruppi che si formano agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso proviene da esperienze politiche maturate nell'ambito delle organizzazioni della sinistra tradizionale e della nuova sinistra, donne quindi abituate a prendere la parola in pubblico.

Passato il primo momento di euforia ed entusiasmo per la nuova socialità tra donne che si sta sperimentando cominciano a sorgere i problemi nella riunioni di presa di coscienza e di autocoscienza tra chi è abituata a parlare e a scrivere e chi invece tace.

Molte cominciano a riflettere sulla propria collocazione nella sfera culturale, politica e sociale avvertendo sempre più vivo e pressante il disagio di esprimersi nei linguaggi usuali soprattutto della politica.

L'effetto è al principio traumatico, si verifica un vero e proprio blocco della parola in chi comincio ad accorgersi di aver impiegato tempo, passione ed energia per imparare ad usare categorie concettuali e linguistiche che non solo permettono di esprimere parzialmente la propria esperienza di vita e di pensiero, ma spesso rivelano l’interiorizzazione inconsapevole di modalità maschili di rappresentazione del mondo e di autorappresentazione, il che comporta l'assunzione di atteggiamenti stereotipati nei confronti di altre donne, che non perdono occasione di farlo notare.

Ne consegue la scelta frustrante del silenzio.  

Il silenzio rimanda però ad alcuni tratti propri dell'identità femminile convenzionale, secondo la quale la maggioranza delle donne oscillerebbe tra una dimensione di mancanza /incapacità/ impossibilità di parola, quella pubblica, potente e significativa e la dimensione della chiacchiera, la parola improduttiva, del privato, degli affetti e dei dispetti.

Alcune allora ne rovesciano polemicamente la valenza da negativa a positiva, il silenzio viene letto non più come segno di inadeguatezza ma come resistenza ad una lingua impiegata nella struttura e nel lessico in modo da svalorizzare l'esperienza di vita pensiero delle donne.

Mentre nei collettivi si cerca di trovare nuovi modi di espressione e comunicazione tra donne alla luce delle consapevolezze maturate nella pratica politica dell’autocoscienza, che si sta progressivamente estendendo e si fonda prevalentemente sulla presenza e sull’oralità, contemporaneamente ricercatrici  e studiose si impegnano secondo le competenze, gli interessi e le passioni personali nell'analisi dei dispositivi dei linguaggi ufficiali della linguistica, della sociologia, dell'antropologia culturale, della storia, della lettura, della critica letteraria, della psicologia e della psicoanalisi, della medicina, della filosofia, dell’epistemologia.

Si moltiplicano le decostruzioni dei saperi consolidati, gli smontaggi delle strutture profonde, psichiche e affettive, che organizzano il fare cultura e politica, lo svelamento delle implicazioni di ordine sociale e culturale alla base di discorsi che se apparentemente sembrano neutrali rispetto al sesso-genere, e quindi adatti a rappresentare uomini e donne, in realtà assegnano a queste ultime una posizione subordinata e subalterna, dal momento che l’uomo, con il complesso di tratti storicamente determinati,  è considerato la norma  base fondante l'umanità

La nuova attenzione alle pratiche verbali di comunicazione e espressione e l’urgenza di esprimere i contenuti che si vengono elaborando, collettivamente e individualmente, in modo tale che non siano stravolti ed appiattiti dai linguaggi ufficiali, induce molte negli anni Ottanta a cercare nuovi strumenti di informazione e comunicazione nei confronti  delle giovani donne, con le quali sembra si sia verificata una frattura rispetto alla memoria, dal momento che in buona parte le ragazze sembrano vivere le modificazioni delle mentalità, del costume, delle progettualità di vita senza la percezione dei processi politici che le hanno provocate. Come se le prospettive di maggiore autonomia e libertà che si presentano loro fossero state acquisite per semplici dinamiche di modernizzazione, e non come risultato spesso parziale di lotte individuali e collettive che hanno comportato carichi di fatiche e sofferenze.

Ugualmente difficile appare la comunicazione a donne della stessa generazione ma con esperienza di vita diverse, donne che non siano state interne alla cultura del femminismo.

Nasce così l'idea di sperimentare progetti pilota nei campi dell’informazione e della comunicazione affrontando il tema dalla prospettiva della documentazione.
La Commissione della Comunità Europea finanzia un Convegno Internazionale per confrontare i metodi di organizzazione e diffusione dell'informazione sulle realtà delle donne in Europa, un Convegno tenutosi a Milano nel giugno del 1988.(1) 

Due anni dopo anni sarà pubblicato Liguaggiodonna. Primo thesaurus di genere in lingua italiana.(2)

 


L’attenzione al rapporto donne parole nella lingua

Il discorso si arricchisce e si amplia dai linguaggi delle discipline e dei saperi all’analisi della struttura e del funzionamento della lingua e agli usi linguistici dei e delle parlanti.

Grazie al lavoro pionieristico in Italia di Alma Sabatini  (3) si analizzano le strutture semantiche e i meccanismi dei dispositivi lessicali, sintattici e logici che ostacolano la rappresentazione  di una piena soggettività femminile.
Analogamente agli studi già in corso in paesi d’Europa e delle Americhe.

Premessa generale è la considerazione che la lingua non è solamente lo specchio della realtà sociale,
politica e culturale della comunità dei/delle parlanti ma il luogo stesso in cui si costruiscono il pensiero, la visione del mondo, i valori e i modelli di comportamento che una collettività si dà, la lingua è l'ambiente in cui gli individui imparano a conoscere se stessi e il mondo che li circonda.  

Quello che viene trasmesso dalla lingua a livello della codificazione dei ruoli sessuali ai quali si adeguano le donne e gli uomini reali è considerato naturale, e non storicamente determinato, pertanto diventa per automatismo un certo modo di pensare, perché la funzione modellizzante  della lingua fa sì che le rappresentazioni sociali in essa sedimentate si traducano a livello del senso comune in forme obiettive di conoscenza, in quanto tali accettate e trasmesse.

Le analisi di Sabatini dimostrano che la lingua italiana nelle sue strutture di senso e di funzionamento presenta un alto grado di androcentrismo, perché prevede un solo soggetto di pensiero e di discorso, apparentemente asessuato e in quanto tale considerato neutro, adatto a donne e uomini, mentre è costituito linguisticamente secondo le modalità ascritte culturalmente al maschile.

La natura androcentrica della lingua occulta la presenza e l'assenza delle donne reali dal processi di vita sociale, politica e culturale e costringe le donne che vogliono accedere alla posizione di soggetto del discorso a distaccarsi dalla propria dimensione di essere sessuati al femminile per diventare neutri, cioè uomini

Comincia allora la richiesta alle istituzioni, ai mezzi di espressione, alle e agli opinionisti/e di nominare al femminile le donne impegnate ai vertici delle professioni e delle cariche pubbliche, fino ad ora declinate al maschile per la scarsa presenza delle donne ai livelli apicali, un discorso superficialmente presentato come una semplice attribuzione di desinenze, allo scopo di depotenziarne e disconoscerne l’importanza per la formazione delle soggettività di donne e uomini.

La resistenza opposta da molte e molti a quella che pure considerano una semplice questione grammaticale ne rivela la portata ideologica che consiste nell’attribuire  all’uomo, e quindi al maschile, una superiorità naturale rispetto alla donna nel  campo della sfera pubblica secondo il copione patriarcale, al contempo non fa che confermare l'importanza strategica della lingua e del suo uso nelle nostre comunità umane.

Il dibattito negli ultimi vent’anni si è arricchito di stimoli e suggestioni, articolandosi in analisi e proposte che tengano conto, oltre che della presenza delle donne, delle esigenze di inclusione nella rappresentazione linguistica di soggettività che non si riconoscono nel binarismo di genere che struttura la lingua italiana.

Note

1 Perleparole. Le iniziative a favore dell'informazione e della documentazione delle donne europee, Adriana Perrotta Rabissi, Maria Beatrice Perucci (a cura di), Roa, Utopia, 1989

2 Linguaggiodonn.Primo thesaurus di genere in lingua italiana, Adriana Perrotta Rabissi, Maria Beatrice Perucci, Milano, 1991, oggi consultabile in rete al sito della Fondazione Badaracco, https://www.fondazionebadaracco.it/1991/11/11/linguaggiodonna-primo-thesaurus-di-genere-in-lingua-italiana/