Lisistrata e Aristofane, poesia e Patriarcato. Stampa
Aree tematiche - Dopo il diluvio: discorsi su letteratura e arti
Mercoledì 24 Settembre 2014 13:19

di Paolo Rabissi

In una lettura moderna ma non convincente la figura di Lisistrata è stata reinterpretata come protofemminista. Il breve saggio mostra quanto essa sia invece interna alla dialettica patriarcale.

Lisistrata has been interpreted as a proto-femminist character, but this point of view is not persuasive. On the contrary, the following short essai shows how she is inner to the Patriarchal dialectic.

Manchmal, Lisistrata als eine Frauenrechtlerin ausgelegen ist. Die kurze  Profung zeigt, dass Sie innere die patriarchalische Dialektik ist.

Non si può non restare sorpresi nell’imbattersi nell’ennesima prova di quanto la nostra cultura sia un’articolazione di quella greca classica. E tuttavia la lettura dei classici è sempre a rischio di tentativi o dettati dall’ignoranza o da interessi commerciali. Lisistrata in una lettura moderna ma non convincente è stata reinterpretata come protofemminista. Ma Aristofane non potrebbe essere più lontano da simili prospettive. E non perché invece è maschilista (e neanche perché, più verosimilmente, fosse misogino, che in certi casi è pure da capire) ma perché al contrario è portatore assolutamente organico del Patriarcato: che proietta fino a noi la codificazione irrigidita dei ruoli tra maschio e femmina, cosa che a sua volta in tempi bui genera fondamentalismi (il possesso e la violenza sul corpo delle donne) e in tempi favorevoli genera l’emancipazionismo, il quale per se stesso non modifica la sostanza del Patriarcato, anzi lo rinforza, così come la fine della schiavitù negli USA rinforzò il sistema della fabbrica industriale.

Insomma nel quinto secolo a.c. (Lisistrata viene rappresentata per la prima volta nel 411, duemilaquattrocento anni fa!) il Patriarcato è già al suo top nella società greca tanto che un  sistema culturale che lo riflette può esprimersi al massimo grado nel teatro. Lì nella commedia di Aristofane i ruoli sono così vivi che ormai nessuno mette in dubbio che non siano ‘naturali’, nessuno sa più che sono nati da una ipotesi di lavoro, da una divisione dei compiti indubbiamente utile e resa necessaria per la sopravvivenza di un ordine sociale e finita poi nella fossilizzazione di un potentato e di un asservimento. Così l’uomo diviene e resta per i secoli in sostanza il guerriero cacciatore e protettore e la donna la casalinga che ama i buoni sentimenti e la pace.

Lisistrata occupa l’acropoli con le donne ateniesi e spartane e le invita a sacrificare il proprio desiderio sessuale sottraendosi all’intimità con i propri uomini: costoro, sostiene, per riottenerla saranno più disposti a concedere quanto sta a cuore a Lisistrata, cioè la dichiarazione di pace tra ateniesi e spartani (siamo in piena guerra del Peloponneso). Già per se stessa l’idea della donna portatrice irenica di pace e dolcezza è una delle mitizzazioni maschili più note. Ma è interessante rilevare altro nella commedia.

 

L’iniziativa femminile, che può essere scambiata tout-court per femminismo, è qui certamente assunzione consapevole di una soggettività anche forte che resta tuttavia interamente interna al Patriarcato. Una soggettività che fa anche vincere qualche battaglia nella storia del rapporto tra i sessi.

La dimostrazione che tra emancipazionismo e liberazione effettiva dai lacci di una mentalità profondamente radicata c’è differenza avviene quando ci si rende conto che a guidare la commedia sulla scena del teatro è un uomo col suo immaginario erotico prettamente maschile. Dal quale si deduce appunto l’organicità al Patriarcato di Aristofane che scompiglia le carte solo per un momento ai fini della rappresentazione e dell’intrattenimento ma che non mette per nulla in crisi l’ordine simbolico, sociale e culturale, ad essi sotteso.

Eccolo allora a suggerire anzitutto che, prima che altrove, lo stimolo sessuale dell’uomo non possa che trovare appagamento dentro la vagina. Almeno ufficialmente. Altre vie non sono dignitose, anche se poi, per non scontentare nessuno, Aristofane mette in bocca a Lisistrata l’invito ai maschi di servirsi all’occorrenza delle mani. Ma, e questo è ancor più significativo, Lisistrata appare convinta che in generale anche le donne concentrino esclusivamente il proprio piacere sessuale nella stimolazione della vagina: quando proprio non ce la faranno più le sue compagne nella lotta, impegnate nell’astinenza, potranno servirsi per consolarsi di uno di quei falli di cuoio che artigiani di Mileto hanno messo sul mercato!

Ma non basta. In una delle scene finali gli uomini si presentano alle trattative pubbliche con le donne con i falli in erezione, a dimostrazione che il loro appetito sessuale senza le donne non poteva essere soddisfatto. Il non detto ovviamente è che altrimenti va a rischio la famiglia (Aristofane omette comunque qualsiasi considerazione sulla prostituzione diffusa nella sua Atene) e quindi l’intero ordine sociale. Di fronte alle donne e agli altri maschi presenti nella stessa scena e davanti al pubblico in platea, l’uomo vero non può che avere nel suo fallo desiderante la vagina l’argomento più convincente per richiamare le donne ai loro compiti di cura domestica e ad personam.

Ma non basta ancora. Delle donne viene detto che vestono baby dolls, che hanno una quantità incredibile di scarpe, che si truccano e profumano e che amano l’uomo profumato e coi peli nel didietro: Aristofane quasi senza accorgersene sollecita nel pubblico l'immaginario erotico maschile spacciandolo per un universale naturale e al quale come tale la donna deve uniformarsi. Lisistrata è una donna messa in scena, inventata, da un maschio, portatore apparente di un patriarcato pacifista.  Un patriarcato non fondamentalista ma sempre ordine ‘naturale’ del mondo, sovrastorico e immodificabile. Al termine della commedia, con soddisfazione di tutti, l’ordine sociale messo in crisi dalle donne torna allo scenario e ai ruoli soliti. 'Regine' della ‘cura’ della casa e dell’intimità da una parte e 're' guerrieri dall’altra. Poco al di là dell'anfiteatro ateniese infatti la guerra tra ateniesi e spartani continuava a infuriare.