Pagina 7 di 7
6. Di quel lettore, quando verrà, mi piace immaginare che indugi su uno degli ultimi frammenti del libro, intitolato La felicità. E mi domando se gli passerà per la mente, al giovanotto, che un titolo del genere solo un libro di Bellocchio, nel nostro infelice paese e nel nostro tempo, può permetterselo. Leggendo quel titolo, forse gli verrà in mente Tolstoj, e magari (sbagliando) penserà poi d'aver sbagliato, che non c'entra niente. In effetti non è un romanzo, né un racconto, e non ci vuole molto spazio per citarlo.
Esco dall'ospedale, doveT. sta lottando col cancro e la chemioterapia. Devi essere contento e grato già solo di poter camminare, bene o male, con le tue gambe... Lavarsi e radersi senza aiuto è un privilegio, cosi come urinare senza catetere... Correre, sciare, andare in barca, viaggiare, far l'amore... la felicità... : cose d'un altro mondo. Basta e avanza mangiare alla propria tavola, dormire nel proprio letto, fare il proprio lavoro, prendere l'autobus, leggere il giornale, guardarsi intorno, osservare la gente, le nuvole e l'acqua... Poter decidere in tutta libertà di raggiungere la piazza per bere un caffè34.
Di cosa parla questo io che parla a se stesso? Dice quello che dice, da solo e quasi in un a parte: fare una parafrasi ne tradirebbe lo spirito, il clima nativo che è quello dell'istante. Nel breve monologo tutto è ridotto ad un orizzonte minimale, circoscritto e consegnato a uno spazio-tempo ordinario e minuto, precario e revocabile. Tutto parla di finitezza e pare approssimarsi a un grado zero di vitalità: quel che basta a fare la differenza rispetto alla malattia, alla sofferenza e alla morte. Il monologo interiore procede per sottrazione, appena accennando alle «cose d'un altro mondo» (qualcosa d'inconcepibile, inaudito): le parole «libertà», «privilegio», l'essere «contento e grato» ci danno notizia di un rischio scampato o di una dilazione, di una concessione; di un resto e non certo di una pienezza. Poco o niente, ma ancora qualcosa. Quanto al titolo, non era dunque che una specie di scherzo amaro? Un modo di dire che, nello stile dell'autore, si ritorce contro se stesso, un'iperbole da ricondurre a più miti consigli? E la Storia, il Progresso? Dalla stanza d'ospedale non s'intravedono. D'altronde qui, all'aperto, non sarebbe del tutto esatto dire che la vita è non essere ancora morti, e solo questo. Qualcosa nel frammento c'è, che en passant dice di più di quanto è detto. Per un giovane, con i suoi pensieri immensi, convinto di essere padrone del tempo, non sarà facile intendere subito quel che, qui, suona più familiare a chi giovane non è più, a chi è sconfitto; ma forse non si tratta, finalmente, neanche di capire, quanto di sentire, di orecchiare (come da un'altra stanza) l'eco di quei gesti minuti - nulla di prometeico: guardarsi intorno, lavorare, prendere un caffè -, di quei semplici pensieri in controcanto: sono come un breve accordo, un fraseggio o una cadenza di pianoforte che accenna a una romanza o sonata, poi subito si ferma, svanisce, ma in quell'attimo trattiene ancora l'impronta di qualcosa di non banale, il segno di un normale metro umano.
Come sul rovescio, in solitudine, d'accordo. Ma quel «potere», quella libertà che è «tutta» anche se è poca cosa, non è per i piacevoli servi ed i nuovi squali, a cui nulla importa della «gente, le nuvole e l'acqua». Quel resto («e avanza») è forse solo per loro, per le figure di attardati, di sconfitti e invisibili, di cui chi scrive così non teme d'essere uno; ed il lontano ma distinto brillio di «un altro mondo», di cui portano il riflesso, è un po' come la volpe rubata del ragazzo di cui ci hanno parlato nei loro libri Sereni e Plutarco.
LUCA LENZINI
NOTE
1 Vedi quanto scrive lo Stesso Bellocchio in «Essere o non essere cattivi», testo d'apertura di P. Bellocchio, Al di sotto della mischia, satire e saggi, Milano, Libri Scheiwiller, 2007, p. 11.
2 Di sconfitta parla il finale del libro, l'ultima pagina del saggio Disperatamente italiano. Pasolini e la politica. «La "fine della nostra storia", cioè della speranza politica, annunciata da Pasolini vent'anni prima, e ora davvero finiti, doveva coincidere con quella della sua privata esistenza» (p. 231). Scritte nel '99, queste parole rinviano il lettore al 1975, e l'orizzonte del discorso di Bellocchio comprende qui il fatale '78 per sporgersi fino al presente: «Poco più di due anni dopo la sua morte, ci sarebbero stati il rapimento e l'assassinio di Moro, la Dc già data per spacciata che risorge e governa per un altro decennio, l'avvento del craxismo, il crollo dell'Urss e del comunismo, lo spappolamento ideologico, la continua degenerazione della moralità e del gusto, i romanzi di Eco, l'irresistibile e felice corsa all'involgarimenro e all'istupidimento... Pasolini che aveva già visto nella televisione lo strumento del "genocidio culturale", che cosa avrebbe ancora potuto dire contro la mostruosa telecrazia dell'ultimo ventennio?» [ibidem). [Ritorna al testo]
3 To the Person Sitting in darkness, 1901 : la traduzione italiana si legge in Mark Twain, Alla persona che siede nelle tenebre. Scrìtti sull'imperialismo, a cura e con introduzione di A. Portelli, Santa Maria Capua Vetere, Edizioni Spartaco, 2003, pp. 45-69.
4 Cfr. ancora Essere o non essere cattivi cit., pp. 8-9.
5 P. Bellocchio, Dalla parte del torto, Torino, Einaudi, 1989, p. 55.
6 G. D'Amo, «Ciò che dobbiamo pur chiamare fraternità. Satire e saggi di un moralista ostinato», in Dieci libri dell'anno 07/08. Letteratura e critica, presentazione di A. Berardinelli, Milano, Libri Scheiwiller, 2008.
7 P. Bellocchio, L'astuzia delle passioni. 1962-1983. Milano, Rizzoli, 1995. Il titolo, come annotava Cesare Cases in una recensione («Indice dei libri del mese», 9 ottobre 1995) è «l'inversione di una famosa espressione hegeliana»: «Bellocchio è infatti contro Hegel e per Kierkegaard, contro la ragione e per la passione, contro l'universale e per il particolare» (ibidem).
8 Id., Eventualmente, Milano, Rizzoli, 1993.
9 Basti ricordare in chiave politica Perché è stato condannato Aldo Braibanti (1968), Riflessioni ad alta voce su terrorismo e potere (1980); o in chiave critica A proposito di Barry Lindon (1977), pezzi che ancor oggi colpiscono per la lucidità e l'ampiezza d'orizzonte critico.
10 P. Bellocchio, Dalla parte del torto cit., p. VIII.
" G. C. Lichtemberg, Osservazioni e pensieri, scelta, introduzione e traduzione di N. Sàito, Torino, Einaudi,
1975, p. 71.
12 Id., Oggetti smarriti, Milano, Baldini & Castoldi, 1996.
131 pezzi erano usciti sul supplemento libri de «l'Unità» tra il gennaio 1992 e il luglio 1993 (cfr. «Introduzione», p. 7).
14 Voglio qui rammentare anche Incipit. Cinquant'anni cinquanta libri (1953-2003) di Pier Cesare Bori (Genova-Milano, Marietti, 2005).
15 C. Cases, rec. cit. e G. D'Amo, Ciò che dobbiamo pur chiamare fraternità cit. La definizione, anche qui, non va accolta in senso ristretto, cioè riferita ai sessanta, ma in senso ampio, a comprendere l'epoca che dall'llluminismo si spinge, nel Novecento, fino a figure d'intellettuali come Kraus o Tucholsky.
16 P. G. Bellocchio, L'astuzia delle passioni cit., p. VII.
17 Vedi quanto auspica Bellocchio in chiusa a Essere o non essere cattivi: «"Essere lasciati in pace": desiderio profondo, serio proposito, la miglior condizione per lavorare a proprio talento» (p. 14). Quanto alla pigrizia, chissà che non appartenga al genere sperimentato da Baudelaire, quale si evince da una prefazione inedita alle Fleurs, e strettamente connessa allo strepito delle gazzette: «... mais j'ai eu l'imprudence de lire ce matin quelques feuilles publiques; soudain, une indolence, du poids de vingt atmosphères, s'est abattue sur moi, et je me suis arrétè devant l'épouvantable inutilité d'expliquer quoi que ce soit a qui que ce soit...» (C. Baudelaire, Oeuvres complète, I, Paris, Gallimard,1975, p. 182 [Projects de préfaces]).
18 P.Bellocchio, I piacevoli servi, Milano, Mondadori, 1966. Il titolo fu suggerito da Franco Fortini
19 In margine alla parola "colleghi"; un ricordo personale. Una volta arrivai a casa di Franco Fortini mentre stava ascoltando un programma radiofonico. Era un dialogo a più voci su un romanzo che al tempo stava suscitando grandi discussioni, e due intervistati erano critici letterari molto noti, che Fortini conosceva bene e stimava. Il programma era appena iniziato e dopo le presentazioni i due cominciarono a farsi i complimenti, in una tonalità affettuosa e insieme signorile, che denotava distinzione e familiarità. Il preludio, che pareva deliziare il curatore del programma, andò piuttosto per le lunghe; quando ebbe termine, e stavano iniziando gli interventi sul tema, Fortini spense la radio. «Questi sono i miei colleghi», disse; e senza ulteriori commenti cominciò a conversare con il suo meravigliato ospite.
20 Th. W. Adorno, Minima moralia, Introduzione di R. Solmi, Torino, Einaudi, 1954, pp. 11-12.
21 II tema era già presente in Astuzia delle passioni (Licenza di uccidere. II camion assassino) e torna in I doni di Arimane (con richiamo esplicito a Leopardi), raccolto tanto in Eventualmente che in Al di sotto della mischia. Per una posizione non dissimile si vedano per esempio i due pezzi sulle Macchine (1960-69) di G. Anders in L'uomo è antiquato. II. sulla distruzione della vita nell'epoca della terza rivoluzione industriale, Torino, Bollati Boringhieri, 2003, pp. 99-115.
22 In P. Bellocchio, Al di sotto della mischia cit-, p. 80.
23 Ivi, p. 95.
24 Sul piano tematico e dei contenuti, all'universo di Rabelais rimanda l'accento spiccatamente materialistico di molte pagine, in cui si tratta per esempio di cibi e riti gastronomici (ma anche, con una certa frequenza, di merda); su quello stilistico, l'impostazione satirico-paradossale, con il ricorso a elenchi e enumerazioni iperboliche che gremiscono la pagina come per "rincarare la dose" di fronte alla saturazione del reale-negativo, tratto ricorrente specie in Dalla parte del torto (cfr. Un'eco è un'eco è un'eco è un'eco..., p. 67 e passim; Bianco e nero, p. '169).
25 P. Bellocchio, Disperatamente italiano. Pasolini e la politica, in Al di sotto della mischia cit., p. 229.
26 Id., La guerra in francobollo, in Al di sotto della mischia cit., p. 166. 178
27 Id-, Perché Mussolini perse il potere?, ivi, p. 135.
28 Id., Pensare in grande, ivi, p. 123.
29 Vedi quanto osserva egli stesso nel saggio (Antifascismo e Resistenza, in Oggetti smarriti cit., pp. 133-134).
30 Vedi La guerra nelle parole del popolo (in Oggetti smarriti cit-, pp. 127-131) che tratta di L. Spitzer, Lettere dei prigionieri di guerra italiani 1915-18, Torino, Boringhieri, 1976. Nell'attenzione ai "senza storia" si può cogliere una vicinanza ad un intellettuale come Danilo Montaldi.
31 P. Bellocchio, Antifascismo e Resistenza, cit-, p.136. 180
32 Ivi, p. 135.
33 Vedi ad vocem in Eventualmente cit., pp. 23-26.
34Id., La felicità, in Al di sotto della mischia cit., p. 195.
|